Cemento impoverito nell'ospedale di Chieti: nessuno è colpevole

Frode, falsi collaudi e rovina di edifici: tutto archiviato perché i "colpevoli" sono tutti morti

CHIETI. Non ci sono colpevoli per il gigante d’argilla della sanità abruzzese. L’inchiesta sul calcestruzzo impoverito che ha reso l’ospedale di Chieti vulnerabile al sisma è finita in archivio, senza indagati né tantomeno condannati. L'enigma che pende sul policlinico, costruito con poco cemento ma tanta acqua e sabbia, resterà per sempre irrisolto.

IL TEMPO CANCELLA I DELITTI. E’ come strappare l'ultima pagina di un libro giallo e restare con la curiosità di scoprire i nomi di chi ha commesso il delitto. In questo caso grave perché mette in pericolo la vita dei più deboli, gli ammalati che sperano di guarire ma non sanno di correre più rischi di quanto immaginano.

Chi ha realizzato l’ospedale più fragile della nostra regione la fa franca. Ammesso che i responsabili siano ancora vivi, perché dai fatti sono ormai trascorsi trent’anni. Il tempo ha giocato a favore di chi decise di risparmiare, impiegando meno cemento, per guadagnare di più su un’opera pubblica progettata nei lontanissimi anni Sessanta ma aperta solo nel 1999. E’ la Salerno-Reggio Calabria della sanità abruzzese.

LA DENUNCIA DELL’EX DG. Fu l'ex manager della Asl di Chieti, Lanciano e Vasto, il dg Francesco Zavattaro, dopo il terremoto che ha devastato l’Aquila, a porsi la domanda: il policlinico di Chieti ha subìto danni dalla scossa maledetta del 6 aprile del 2009? E’ sicuro oppure no?

Zavattaro incaricò gli esperti per eseguire una serie di carotaggi: decine, anzi centinaia di fori furono praticati in quel cemento armato dalla consistenza molto sospetta. Era il 2012 quando, grazie sempre all'ex manager, il caso-ospedale finiva sul tavolo del sostituto procuratore di Chieti, Giuseppe Falasca.

Ma il fascicolo venne aperto contro ignoti, anche se furono ipotizzati reati molto gravi, dalla frode in pubbliche forniture, ai falsi certificati di collaudo e la rovina di edifici pubblici. Il magistrato nominò un consulente, l’ingegnere pescarese Enrico De Acetis, con il compito di studiare e confermare i sospetti emersi dopo i carotaggi fatti eseguire dall'ex manager della Asl che andò anche oltre ottenendo, dal presidente del Tribunale di Chieti, Geremia Spiniello, un “accertamento tecnico preventivo” su tre corpi a rischio del policlinico, affidato dal giudice allo stesso De Acetis.

Questi, al termine della perizia, tracciò un verdetto chiaro sull’assenza di sicurezza nel policlinico: «Le criticità emerse sono dovute a patologie genetiche, ovvero le strutture in esame nascono con tali patologie dovute ad un utilizzo di materiali scadenti in fase esecutiva». Cioè il calcestruzzo era impoverito.

«È da considerare come tali anomalie, ovvero scadente resistenza dei materiali, non siano compatibili con le condizioni di esercizio di una struttura ospedaliera». Per l’esperto, quindi, l’ospedale andava ricostruito.

IL FULCRO DELL’INDAGINE. Al centro delle indagini finirono due collaudi eseguiti (la procura scrisse "stranamente") a Roma ma avvenuti in epoca molto lontana, il primo nel 1978 e il secondo nel 1992: atti su cui incombeva il reato di falso ma, al tempo stesso, erano talmente datati da obbligare il magistrato Falasca a non andare avanti e a chiudere l’inchiesta con un nulla di fatto.

Qualunque fosse stato l’esito delle indagini, si sarebbe trovato di fronte a reati prescritti da anni. Fu una scelta fatta per “economia investigativa”.

LA CAUSA CIVILE. Inevitabile è stata la richiesta d’archiviazione dell’inchiesta penale, accolta, senza alcun rilievo di sorta, dal giudice per le indagini preliminari. Ma Zavattaro disse: «I reati sono prescritti, dobbiamo però capire come andrà a finire il processo civile». Cioè la richiesta di risarcimento dei danni subìti dalla Asl e dalla collettività. Ma di questo processo si sono perse le tracce.

Il sospetto, non confermato ieri da nessuna forte, e che la Asl abbia rinunciato. Come al solito, a pagare sono solo i cittadini.

ED ECCO LA LETTERA. Una soluzione dev’esserci. L’ospedale sicuro diventa un obiettivo fondamentale dopo le scosse di tre mesi terribili. La strada è però diventata in salita per la Asl di Chieti e la Regione.

La lettera che Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile, ha scritto in risposta al governatore Luciano D’Alfonso, lo dimostra. Il Centro è venuto in possesso del documento: «La Regione Abruzzo», scrive Curcio, «ha rappresentato problematiche di precarietà strutturale del Presidio Ospedaliero Ss. Annunziata di Chieti, per il quale erano state destinate, già dal 2012, risorse finanziarie da utilizzare per le azioni di mitigazione del rischio sismico».

UNA STRANA VERIFICA. «Da verifiche effettuate con il Referente Sanitario Regionale», afferma nella lettera il capo della Protezione civile, «non vengono evidenziate criticità relativamente alla funzionalità delle strutture (...)». E’ come se finora nulla fosse accaduto.

IL PIANO B DI D’ALFONSO. C’è, e lo rivela Curcio: «La Regione Abruzzo ha individuato, quale soluzione definitiva delle problematiche, la realizzazione di un nuovo edificio, per una spesa stimata complessiva di 13 milioni di euro, che verrebbe finanziata per circa 4,5 milioni mediante le risorse già stanziate nel Programma regionale di interventi antisismici, mentre per la restante somma la Regione chiede lo stanziamento di fondi ad hoc da parte del Dipartimento della protezione civile».

MA C’E’ IL NO AI 13 MILIONI. «L’intervento proposto non può trovare una concreta realizzazione nelle competenze dello scrivente Dipartimento sia nell’ambito dell'emergenza in atto sia all'interno dei compiti ordinari», conclude Curcio. L’ospedale resta insicuro. Tra le reazione all’intervista al manager della Asl di Chieti, Pasquale Flacco, pubblicata ieri dal Centro, c’è quella del presidente della Commissione regionale di vigilanza, Mauro Febbo che si chiede come possa «una semplice ispezione dei Vigili del fuoco, tra l’altro di domenica, garantire l’agibilità del manufatto e se invece non ci sia la necessità di un controllo più accurato e dettagliato a opera dei tecnici della Protezione civile». Ma nella lettera di Curcio si legge: «Non ci sono criticità alla funzionalità della struttura». Tutti dormano sonni tranquilli.