vandali e tifo

Chieti, minacce sulla vetrina per un portachiavi del Pescara calcio

Presi di mira dai teppisti due titolari di un’agenzia di viaggio allo Scalo. «Mai avuto problemi, ma quel simbolo biancazzurro resta»

PESCARA. Se la sono presa per un portachiavi, un portachiavi biancazzurro con il delfino simbolo della Pescara calcio appeso all’interno di un’agenzia di viaggi di Chieti Scalo, la Last minute tour di via Benedetto Croce. E per questo affronto, per questo “sacrilegio”, nottetempo armati di bombolette spray i vandali mascherati da campanilisti sono andati a dettare le loro regole ai due pescaresi titolari dell’agenzia: «Leva quel portachiavi” la scritta nera, a caratteri cubitali, sulla vetrina. E la firma a fianco, «Pe merda».

Un episodio che ha lasciato senza parole i titolari dell’agenzia, Luca Luciani e Stefano Pietrangelo, 46 anni il primo, 48 il secondo che quel minuscolo portachiavi appeso alla parete a due metri di altezza dietro a una scrivania ce l’hanno da anni, almeno da quando non frequentano più lo stadio. E che adesso giurano che non toglieranno per nessun motivo, come ha scritto Luciani nel suo sfogo su Facebook: « Il portachiavi non si muove da lì. Ma anzi, saremo ben felici di aumentare il numero dei simboli del Pescara presenti nella nostra agenzia non commettendo, noi, alcun reato».

«È una questione di civiltà e rispetto», spiega Luciani al Centro, «e per questo ci siamo rivolti subito ai carabinieri.Ci sono anche le telecamere nei dintorni, speriamo di riuscire a dare un volto agli autori di un gesto così vigliacco». Un gesto che Luciani e il socio non si spiegano. Riferisce il primo: «Lavoro a Chieti Scalo da dieci anni, ho più amici qua che a Pescara, mai avuto problemi con nessuno e mai parlato di calcio con nessuno in questa agenzia. Eppure, evidentemente qualcuno che entrando ha notato quel piccolo portachiavi grande appena 4 centimetri e mezzo ci ha voluto minacciare. Ma non ho sospetti, sono in buoni rapporti con tutti e devo dire che questa mattina (ieri ndr) è stata più la sorpresa che la rabbia».

Quanto basta comunque per pubblicare la foto della vetrina imbrattata sul suo profilo facebook e scrivere in una sorta di lettera aperta agli autori di quell’«Angolo della vergogna», come l’ha definito, per dire: «Mi permetto di rivolgermi all’autore (direi agli autori, poiché per trovare il coraggio di fare questa ardita azione punitiva nottetempo, di sicuro saranno venuti in 3 o 4) chiedendogli se infrangere la legge può aver curato in qualche modo la sua frustrazione». E con un finale “nu sem nu” Luciani ha chiuso il suo post. «Per un moto di orgoglio umano», spiega, «ci hanno tenuto a minacciarci per quel portachiavi allora voglio dire che sono orgoglioso di essere pescarese. E che qualcuno mi venisse a dire che non ho motivo di esserlo. Ma non per questo», precisa Luciani, «sono campanilista: fino a quando rimane confinato nell’ambito dello sfottò che finisce con un caffè al bar ci sto e ci sono sempre stato. Ma siamo due capoluoghi di provincia a meno di dieci chilometri l’uno dall’altro. Pensare di essere due entità distinte», conclude Luciani, «è semplicemente idiota».

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