Confermati 30 anni al killer di Jennifer 

Nessuno sconto a Davide Troilo: i giudici della corte d’Appello dell’Aquila riconoscono l’aggravante dei futili motivi

PESCARA. Nessuno sconto di pena per Davide Troilo, l’assassino di Jennifer Sterlecchini, 26 anni, uccisa la mattina del 2 dicembre 2016 con 17 coltellate da chi diceva di amarla.
Ieri i giudici della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila hanno deciso così, confermando la sentenza di condanna con rito abbreviato a 30 anni di reclusione emessa a carico di Troilo, il 24 gennaio 2018, dal gup del Tribunale di Pescara, Nicola Colantonio. Anche la Corte aquilana, presieduta da Armanda Servino (a latere Carla De Matteis), ha riconosciuto l’aggravante dei futili motivi, confermando la pena stabilita dal giudice di prime cure, come chiesto anche dal pg Alberto Sgambati.
Troilo, presente alla lettura del dispositivo, è rimasto in silenzio, mentre la madre e il fratello di Jennifer, Fabiola Bacci e Jonathan Sterlecchini, hanno accolto abbracciati il verdetto. I loro sguardi non si sono incrociati mai. Il killer di Jennifer è rimasto con la testa bassa per tutto il tempo. Lui seduto da una parte, affianco al suo difensore, l’avvocato Giancarlo De Marco, e la mamma e il fratello di Jennifer seduti dall’altra, accanto ai loro avvocati Rossella Gasbarri e Roberto Serino. De Marco puntava a far cadere l’aggravante dei futili motivi e ad ottenere la concessione delle attenuanti generiche, ma i giudici hanno rigettato lìappello. «Avevo detto al mio assistito che davanti a una giuria popolare non poteva aspettarsi una sentenza giusta», commenta De Marco. «Hanno giudicato sulla base di sensazioni. La nostra causa si farà in Cassazione perché ritengo che sia totalmente sballata come sentenza. Si contesta a Troilo di aver ucciso Jennifer per non aver sopportato la fine della loro relazione sentimentale, mentre nella sentenza il gup individuerebbe il movente nella mancata restituzione di un tablet. Il giudice ha condannato per un fatto diverso da quello contestato, e non si può fare».
Per l’avvocato Serino «da una parte c’è soddisfazione perché è stata confermata la sentenza. Dall’altra c’è tristezza perché è morta una ragazza e nessuna sentenza potrà restituirla alla sua famiglia».
Jennifer, giovane donna con il sogno di andare in Spagna, venne uccisa dall’ex fidanzato nella casa di via Acquatorbida a Pescara, dove i due avevano vissuto. Ma la relazione finì e la mattina del 2 dicembre 2016 la ragazza tornò in quell’appartamento solo per riprendere le ultime cose e trasferirsi definitivamente in casa della madre, che la stava aspettando in strada insieme a un’amica. Ma Troilo non le permise di andare via e la colpì con 17 coltellate, dietro la porta di ingresso chiusa a chiave, uccidendola.
Ieri, ad attendere fuori dall’aula D della Corte d’Appello, c’erano anche le amiche e gli amici di Jennifer e che, insieme ad associazioni impegnate a combattere la violenza di genere, si sono stretti attorno al dolore della madre e del fratello. Hanno organizzato un sit-in contro la possibilità di chiedere il rito abbreviato per chi commette reati come il femminicidio.
Oltre all’associazione Avri – Vittime riunite d’Italia, c’era pure l'associazione “Insieme per Jennifer”, di cui fa parte anche Isabella Martello, sorella di Anna Carlini, la giovane pescarese di 33 anni stuprata e uccisa sotto il tunnel della stazione.
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