"Contributo elettorale e non tangente per Pace"

Il giudice: l'ex Governatore non ha chiesto soldi ad Angelini, ma l'imprenditore è attendibile

PESCARA. «Più sospetti che indizi gravi e precisi, non una tangente ma un contributo elettorale da 100 mila euro: Vincenzo Trozzi non ha chiesto soldi a Vincenzo Angelini anche perché non aveva incarichi per assumere decisioni sulla cartolarizzazione e Giovanni Pace, che invece avrebbe avuto tali poteri, non risulta che abbia chiesto pagamenti ad Angelini». Sei mesi fa l'ex presidente della Regione Giovanni Pace e l'ex vice presidente della Fira Vincenzo Trozzi sono stati assolti, nell'ambito del processo Sanità, dalle accuse di associazione per delinquere, abuso d'ufficio, concussione e tentata concussione.

CONTRIBUTO ELETTORALE. Due giorni fa, il giudice per l'udienza preliminare Angelo Zaccagnini ha depositato le motivazioni della sentenza di assoluzione spiegando perché Pace e Trozzi sono estranei all'inchiesta che conta, tra i tanti imputati, l'ex presidente della Regione Ottaviano Del Turco. L'accusa che pendeva su Pace ruotava attorno a 100 mila euro, la somma chiesta dall'allora presidente della Fira Giancarlo Masciarelli ad Angelini dietro la frase «se poi questi vincono tu sei un uomo morto». E' la cifra, inizialmente di 200 mila euro, che Masciarelli avrebbe chiesto ad Angelini nel marzo 2005 prospettando all'imprenditore della sanità privata «l'arrivo di guai», come scrive il gup Zaccagnini, «se invece di Pace avesse vinto il centrosinistra». Quella cifra, che Zaccagnini sottolinea che non è stata chiesta né da Pace né da Trozzi, si riferisce per il giudice a una sponsorizzazione per la campagna elettorale: «Un pagamento», come scrive, «con la finalità, sistematicamente perseguita da Angelini, di assicurarsi buoni rapporti futuri con i nuovi possibili rappresentanti regionali». Zaccagnini prosegue: «Soldi dati indipendentemente dall'esito della campagna elettorale. Infatti, Angelini, in quel periodo, versò anche ufficialmente a Forza Italia di Roma un contributo di 500 mila euro. Evidentemente, il patron della sanità privata era propenso a ricercare le grazie di chiunque potesse svolgere ruoli di rilievo».

L'ASSOCIAZIONE. Pace e Trozzi, difesi dall'avvocato Massimo Cirulli che per i suoi assistiti aveva scelto il rito abbreviato, sono stati scagionati anche dall'associazione per delinquere in cui figuravano insieme, tra gli altri, all'ex assessore Vito Domenici, ad Angelini, al deputato Sabatino Aracu e all'ex manager della Asl di Chieti Luigi Conga (per loro il processo è in corso). Se da un lato Zaccagnini scagiona Pace e Trozzi, dall'altro lascia inalterato l'impianto accusatorio del procuratore capo Nicola Trifuoggi e dei pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli citando spesso, per confermare le sue tesi, anche le dichiarazioni di Angelini considerate sempre attendibili. «Nell'associazione per delinquere Pace e Trozzi sono indicati come partecipi e non promotori», scrive, «Non trova riscontro che Pace piazzò in ruoli chiave i suoi uomini di fiducia come il "genero" Trozzi alla vice presidenza della Fira. Pace, all'epoca, era ex suocero di Trozzi: i due avevano rapporti cordiali durante la prima cartolarizzazione, ma non una stretta frequentazione propria dei componenti di famiglia». Per gli altri imputati l'associazione per delinquere resta in piedi perché, per il gup, «risulta che Domenici, Masciarelli, Aracu e Conga abbiano favorito Villa Pini e Angelini dietro il pagamento di illeciti compensi. E per raggiungere il risultato tutti gli associati sono stati chiamati a dare il loro contributo fattivo, senza tentennamenti, al di fuori e al di sopra di ogni regola».