Corso Vittorio? Non c’è più

Da fulcro della vita cittadina a strada di periferia dove i pescaresi non passeggiano più

PESCARA. Si vendevano i fiori, in corso Vittorio Emanuele, e ci passava il trenino per Penne, e c’era pure una scuola, l’istituto tecnico commerciale, a palazzo Clerico. Erano gli anni Sessanta, quando nei campetti del dopolavoro ferroviario i ragazzini andavano a giocare a basket e a pallone e quelli più grandicelli andavano a corteggiare le commesse della Standa. Tutte belle e quasi tutte bionde. Era, corso Vittorio Emanuele, quello che non è più: l’anima e il cuore della città, con la stazione a sud e il grattacielo, quello del Singleton, a nord.

La strada delle banche, a cominciare dal Banco di Napoli che ha chiuso i battenti, alla Banca d’Italia che ha annunciato di farlo, con il centro elettronico della Cassa di Risparmio nei locali che furono poi riempiti dai film in cassetta di Blockbuster (oggi occupati da un grosso bar), e con l’Ibi, all’angolo con via Roma, di cui oggi non restano che quattro vetrine vuote. Ma dove oggi c’è la città che muore, con i negozi che chiudono e i pescaresi che proprio non ci passano più, c’erano tre negozi di ferramenta (Dolci, Anchini e Briosi), negozi di corredi e biancheria, di dischi, di sanitari, gioiellerie prestigiose e boutique importanti, senza contare i simboli del boom economico: River (che diede il nome all’omonimo palazzo all’angolo con via Teramo), l’Upim (al posto della Benetton), la Standa (dove c’è Prenatal), il primo Oviesse (attuale PalaFerri). O gli storici negozi di scarpe che richiamavano clienti da tutta la provincia: Asso all’angolo di via Palermo, Full proprio di fronte, all’angolo con via L’Aquila (rimpiazzato oggi da Geox), Spatafora all’angolo con via Genova (dove c’è la Vodafone), e Agresti anche questo rimpiazzato da Bata, altro negozio di scarpe.

In una passeggiata all’insegna dell’amarcord, è il presente che si fa in bianco e nero, mentre le vecchie insegne tornano idealmente a dare colore ai locali vuoti e agli edifici fantasma. Come il dopolavoro ferroviario, o palazzo Clerico, cornice decadente di una strada divenuta periferia.

Eppure, quel lato, il lato monti, che oggi è pure scarsamente illuminato, è stato meta di migliaia di pescaresi, clienti almeno per una volta della birreria Dreher e delle sue pizze al piatto. E restando su quel lato, andando verso nord, tornano alla memoria la coltelleria Di Giacinto (che ha abbassato la saracinesca il primo gennaio di quest’anno), la jeanseria di Angelo Manzo, il negozio di intimo Pedone, la boutique Rosso Lacca, le sei vetrine di Dolci ferramenta (sotto palazzo Clerico), gli idrosanitari dove c’è la gioielleria Montalbano, una delle poche sopravvissute (sul lato di fronte hanno chiuso le storiche Russi e Pace) che all’inizio stava più a sud.

E ancora, arrivando nei pressi dell’ex palazzo River, i corredi dell’Arte fiorentina (al posto dell’attuale Goldenpoint), la tipografia Garibaldi e Surricchio e addirittura, ma è roba degli ultimi anni Cinquanta, un pastificio, il Puritas, dov’è la galleria. E senza ripetere River, la Standa, Full, c’erano anche Corazzini (che ha chiuso proprio di recente) e la ferramenta Briosi, un’altra, all’angolo con via Catania, a un passo dalla Banca d’Italia.

Insegne e vetrine che da sole fanno quelle che sono rimaste oggi su tutto il corso che sul versante opposto, lato mare, fino a trent’anni fa quasi raddoppiava la sua offerta.

A parte i negozi di ottica che non solo sopravvivono ma sono pure aumentati (lo storico Salvatore, Angelone e Marino tra tutti), c’erano le gioiellerie Russi e Pace, i vari Poker, Asso e Agresti, ma anche importanti cartolerie come Minerva (che ha chiuso pochi mesi fa) e Costantini, che da poco si è trasferita all’angolo con via Trieste, dove un tempo c’era lo Strano bar. Ma la geografia del lato mare di corso Vittorio è stata sempre un po’ mutante: al posto dell’attuale Yamamay, angolo via Genova, c’era Poker, ma prima ancora Sideri, storica boutique pescarese che prima di trasferisi su corso Umberto aveva aperto il suo primo negozio per bambini dove c’è oggi il palazzo della Benetton. Dove c’erano pure Costantini e Minerva, Ferri dischi Marino sport e Agresti.

L’unico a non essersi mai spostato, mentre l’edicola (angolo via Genova) da tempo non apre più, è il tabaccaio vicino all’attuale Carpisa, dove prima c’era l’orologiaio Di Marco. Il tabaccaio era Vincenzo, «Vincenzo lu’ciavaie» lo chiamavano i pescaresi di corso Vittorio. Dove ad aggiustare e a vendere biciclette, ma è storia di tanti anni fa, c’era Nicolino Di Biase, primo ciclista abruzzese ad aver fatto il Giro d’Italia. Con Girardengo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA