Abruzzo

«Crescita al rallentatore, più lavoratori ma precari» 

Il dossier della Cisl sull’economia regionale: pesano anche sisma e maltempo Malandra: infrastrutture prioritarie. Mauro: senza sviluppo, niente occupazione

PESCARA. L’industria tira, ma il terziario e l’agricoltura, rispetto al periodo precedente alla crisi del 2008, perdono terreno. In un quadro in cui l’80% delle aziende abruzzesi è rappresentato da imprese individuali. Per quanto riguarda l’occupazione, invece, aumenta il lavoro dipendente, seppur precario, ma diminuisce quello autonomo. Tradotto, meno artigiani e commercianti. Insomma, l’Abruzzo cresce poco e a rilento. Colpa anche del riflesso sull’economia di terremoti e maltempo.
È la fotografia scattata dalla ricerca della Cisl regionale e dall’associazione di promozione sociale “Michelangelo Ciancaglini”, relativa al secondo trimestre di quest’anno. L’indagine è stata presentata ieri mattina, a Pescara, dal neo segretario regionale della Cisl, Leo Malandra, e da Giuseppe Mauro, professore ordinario di Politica economica all’Università d’Annunzio Chieti-Pescara. «Tre dati sono fondamentali, in economia», ha spiegato Mauro. «Il primo è il Pil, che sintetizza l’andamento dell’economia, cioè il flusso della produzione, poi i dati sull’occupazione, e le esportazioni, le quali misurano la competitività di un sistema economico», e che, ad esempio, nel Chietino, che da solo vale il 70,4% dell’export di tutto l’Abruzzo, presenta un salto tra il 2016 e il 2017 pari a zero. Tradotto: crescita bloccata. Ma è un Abruzzo a due velocità, continua l’economista, se si osserva il sistema Abruzzo attraverso quattro parametri. Quello dell’industria, che «tira», mentre altrettanto non fanno «terziario e agricoltura»; di un panorama imprenditoriale, in cui l’80% delle imprese è individuale; la bassa competitività della regione, che, «essenzialmente», continua Mauro, «si racchiude nei mezzi di trasporto, nei macchinari e nelle materie plastiche»; e, infine, l’occupazione, che, se cresce per i dipendenti, lo stesso non accade per gli autonomi. «Questo insieme di fattori ci dà un quadro sintetico dell’economa abruzzese», osserva il docente della d’Annunzio, in cui si nota «un aspetto strutturale che riguarda l’attrattività della regione, e un aspetto più congiunturale, nel quale vi è una caduta della domanda interna. Se li mettiamo insieme, il problema fondamentale è che il territorio è composto da poche grandi imprese e molte piccole imprese, che non fanno innovazione e che sono sotto capitalizzate». Trascinando verso il basso l’economia.
«La causa parte da lontano», sottolinea Mauro. «Dall’uscita dall’Obiettivo 1, dunque con la rottura del ciclo virtuoso tra imprese e incentivi, che ha interrotto un processo di organizzazione aziendale da parte delle imprese: le più piccole sono rimaste piccole. E poi», prosegue il docente, «mentre gli altri distretti industriali si stanno riposizionando, il nostro si è basato sul basso valore aggiunto e sul façonismo», ha rimarcato Mauro, riferendosi al mercato per conto terzi, come quello, soprattutto, teramano. La ricetta, secondo Mauro, è «rivitalizzare il tessuto delle piccole imprese. Non vi può essere sviluppo senza lavoro, non vi possono essere investimenti senza progettualità e non può esservi politica senza società».
L’accento sull’occupazione e sul Pil, lo ha messo la Cisl. «L’andamento occupazionale, dal 2008 al 2017», ha riferito Malandra, «è deficitario di 12 mila posti lavoro, da un trimestre a quello successivo». E siamo ancora al di sotto dei livelli pre-crisi del 2008. «C’è stato un accenno di crescita fino al 2015, ma poi è stato troncato dagli eventi sismici e meteorologici. Il Pil finale è in calo dello 0,2%, a differenza delle altre regioni, che sono in crescita». Per il sindacato, che chiede alla Regione la creazione di «30 mila posti di lavoro», il rilancio dovrà avvenire con l’attuazione del «Masterplan e del Patto per lo Sviluppo, che, al momento, non sono nemmeno cantierati». Inoltre, alle grandi imprese abruzzesi, «il 10% delle imprese totali», sottolinea Malandra, «occorrono infrastrutture. È quello che ci chiedono per non andare via e pertanto», conclude il segretario della Cisl, «bisogna dare attuazione ai progetti e, per l’occupazione, strutturare modelli come Garanzia giovani e Over 35».