D’Alfonso, il pm chiede il processo

Varone firma la richiesta di rinvio a giudizio per tangenti, 26 gli indagati.

PESCARA. Accompagnandola con una memoria di cento pagine, il pm Gennaro Varone ha chiuso la maxi-inchiesta sulle presunte tangenti al comune di Pescara, depositando la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Luciano D’Alfonso e di altre 25 persone. Al termine di indagini durate oltre due anni, un documento di 46 pagine spiega perché, secondo la procura, l’ex sindaco, i suoi più stretti collaboratori e un gruppo di imprenditori debbano andare a processo con accuse che vanno dall’associazione per delinquere, alla corruzione, alla concussione, fino al peculato e al finanziamento illecito.

Un elenco lunghissimo di contestazioni, che comprende l’appropriazione indebita, la truffa, l’abuso d’ufficio, il favoreggiamento, che ha sgretolato l’amministrazione comunale di centrosinistra otto mesi dopo la conferma elettorale per il secondo mandato, travolgendo anche il patron di Air One Carlo Toto assieme al figlio Alfonso, sotto accusa per le presunte regalìe a D’Alfonso, in cambio delle quali avrebbero ricevuto l’affidamento in concessione dei parcheggi dell’area di risulta e del centro della città per 30 anni. L’incartamento passa ora all’ufficio del gup, che dovrà fissare la data dell’udienza preliminare: notifiche permettendo, dovrebbe tenersi entro fine anno. Alla richiesta di rinvio a giudizio, Varone ha allegato una memoria in cui, in modo articolato, ripercorre una vicenda condensata in 53 faldoni di atti e nei materiali accumulati in 40 scatoloni: la documentazione raccolta durante le lunghe indagini affidate agli agenti della squadra Mobile, guidati da Nicola Zupo, e della Polizia postale, coordinati da Pasquale Sorgonà, che ora sono accatastati in gran parte in un angolo della stanza del pm, al terzo piano della procura.

Per Varone, al centro del quadro accusatorio c’è Luciano D’Alfonso: l’ex sindaco avrebbe creato attorno a sè «una squadra d’azione» che «agiva per la distrazione di denaro pubblico» allo scopo di finanziare il partito politico di appartenenza, la Margherita, ma anche attività fuori bilancio utili a far conseguire al sindaco un ritorno d’immagine. D’Alfonso, secondo Varone, avrebbe operato «in modo strategico, mandando avanti i progetti di imprese a lui legate da vincolo affaristico e bloccando quelli presentati da chi non poteva godere del medesimo favoritismo» e, attraverso il suo braccio destro Guido Dezio, avrebbe raccolto in modo sistematico contributi in nero «utilizzati per l’arricchimento personale». Assieme a D’Alfonso, chiede il pm, nove persone devono essere processate per associazione a delinquere (Guido Dezio, Marco Presutti, Fabrizio Paolini, Marco Molisani, Giampiero Leombroni, Vincenzo Cirone, Luciano Di Biase, Pierpaolo Pescara e Antonio Dandolo), mentre la corruzione è contestata a diciannove indagati.