D’Amario: «L’indagine? Un atto dovuto»

Perquisiti casa e ufficio del manager: quell’appalto è nato con Cordone e Balestrino

PESCARA. Lo hanno svegliato all’alba, nella sua casa di Francavilla, per perquisire la sua casa così come, poco dopo, hanno passato al setaccio il suo ufficio. Ma Claudio D’Amario si dice «sereno»: «Sono il legale rappresentante della Asl, c’è un’indagine, è un atto dovuto».
«Questo progetto ha preso le mosse nel 2004 con Angelo Cordone ed è stato portato avanti da Antonio Balestrino» ricorda il direttore generale della Asl, indagato per falso, citando i suoi predecessori, «quando mi sono insediato mi è stata prospettata l’attività fatta dai tecnici, compresa la variante: ma non ho mai dato inizio ai lavori, anzi li ho monitorati e appena ho visto una discordanza tra la situazione reale e la variante, che era stata sancita da Balestrino, ho annullato tutti gli atti ritenuti illegittimi in autotutela, sospendendo subito i lavori ed esautorando di fatto i direttori dei lavori e il responsabile unico del procedimento».

Direttore, qual è stato l’esborso per la Asl rispetto a quanto previsto dalla perizia di variante?

«Neppure una lira. Quando le imprese sono arrivate alla cifra prevista dal bando - 2,9 milioni - ci siamo fermati. Ci sono cento documenti, lettere, verbali, comprese le richieste di risarcimenti danni da parte della ditta, una documentazione che parte da settembre. Lo stesso Franco D’Intino stava avviando una causa contro l’azienda per mobbing».

Non si è insospettito quando le è stata prospettata una perizia di variante che prevedeva costi più che raddoppiati?
«Era documentata da sopravvenute esigenze, tant’è che poi è venuto addirittura fuori che il progetto iniziale era deficitario: o non si faceva affatto, o bisognava rivedere le esigenze. Su questo aumento a 6 milioni più Iva c’era una delibera firmata nel 2008, ma va detto che la variante non è stata fatta dal mio staff né dal funzionario arrestato, ma dai direttori dei lavori precedenti».

Qualche settimana fa, è emersa l’esistenza di indagini in corso su questo appalto. Lei si è mai rivolto alla procura?
«Ma io come posso sapere se qualche funzionario ha a che fare con una ditta privata? Finché non sono a conoscenza di atti penalmente rilevanti, come faccio a parlare con la procura? La polizia è venuta oggi per la prima volta a chiedere i documenti, che noi abbiamo dato. I fatti contestati riguardano comportamenti individuali di persone che hanno avuto a che fare con un’impresa. Anzi, noi porteremo avanti eventuali azioni risarcitorie verso tutti coloro che hanno causato un danno economico e di immagine all’azienda».

L’accusa sostiene che la sua presunta «complicità» sembra desumersi dal fatto che lei non avrebbe dato molto credito alle denunce dell’imprenditore Capocasale quando è venuto da lei a parlarle.
«Io ho accolto tutte le ditte, c’è una litigiosità continua tra le imprese. Ho girato le doglianze a coloro che erano i nostri rappresentanti, al responsabile unico del procedimento, al direttore dei lavori, al direttore amministrativo. Ho detto: “controllate”».

Cioé lo ha indirizzato allo stesso D’Intino?
«Ma se c’è personale dirigente nelle strutture... poi quando ho visto che c’erano problemi, ho annullato tutto. Ci sono anche due convocazioni ufficiali al collegio dei revisori dei conti. Loro andarono, ma dissero che non c’era problema».

Adesso che ne sarà del materno-infantile?
«L’unica cosa che ho eccepito attraverso la supervisione di una ditta specializzata è che quel lavoro è nato male e andava annullato. Adesso i collaudatori ci diranno cosa è stato realizzato. La mia preoccupazione è che i lavori si possano bloccare, spero non ci sia un sequestro. Se le opere si possono collaudare, vedremo di completarle».

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