vasto, il delitto

Di Lello, la vendetta gli costa 30 anni di carcere

L'omicida di D'Elisa, il ragazzo che investì sua moglie Roberta, ascolta la sentenza in lacrime. Il procuratore Di Florio: «Questa condanna è un monito agli imbecilli del web»

LANCIANO. Scoppia in un pianto dirotto, quando il presidente della Corte D’Assise, Marina Valente, legge la sentenza: trent’anni di reclusione, tre anni di libertà vigilata, interdizione perpetua dai pubblici uffici e una provvisionale di 40mila euro a testa al papà Angelo, alla mamma Diana e al fratello Danilo, di Italo D’Elisa. Lacrime per Fabio Di Lello, 34enne fornaio e ex calciatore vastese a processo in Corte di Assise per omicidio volontario premeditato. Il 1° febbraio scorso ha ucciso con tre colpi di pistola calibro 9 il 21enne D’Elisa, che il 1° luglio 2016 aveva investito e ucciso sua moglie Roberta Smargiassi. Un pianto dai mille significati quello del fornaio: lacrime quasi di liberazione per aver evitato l’ergastolo e l’isolamento chiesti dal procuratore di Vasto Giampiero Di Florio; di dolore per aver rivissuto in quegli attimi i giorni di angoscia dalla morte della moglie Roberta fino all’omicidio di Italo. Lacrime di dispiacere per la sua famiglia, per suo fratello che non l’ha lasciato un secondo e che poi, singhiozzando, è andato via. E lacrime perché alla lettura del dispositivo ha preso coscienza di quello che lo attende: il carcere. Dall’altro lato, di fronte a lui, ci sono gli occhi, senza più lacrime per le tante già versate, della mamma di Italo, del padre, dei nonni che lasciano il tribunale, comunque, con una sentenza che condanna il killer di Italo a trent’anni.

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LE REPLICHE. Una sentenza che arriva alle 14, dopo tre ore e mezza di camera di consiglio e appena 4 udienze. I giudici, alle 10, iniziano l’ultima seduta. Nessuna replica per Di Florio e il sostituto Gabriella De Lucia. La loro requisitoria di lunedì scorso è stata perentoria: omicidio premeditato volontario. Carcere a vita e un periodo di isolamento per Di Lello che pure aveva chiesto perdono, aveva detto di non essere in lui quando aveva premuto il grilletto e ucciso Italo. E a sostegno dell’accusa era stato proiettato il video davanti al Drink Water in cui non c’è la provocazione di D’Elisa a Di Lello che avrebbe spinto quest’ultimo a uccidere, come sostenuto dai legali del fornaio. «Un video che dimostra la premeditazione, la minorata difesa e anche il porto abusivo d’armi» aveva detto Di Florio che aveva anche evidenziato che Di Lello non era stato avvertito da alcuno quando Italo D’Elisa era giunto al bar. Conosceva le abitudini di vita del giovane che ha ucciso con una pistola acquistata mesi prima. Gli avvocati di Di Lello, Giovanni Cerella e Pierpaolo Andreoni, consegnano una memoria in cui chiedono una perizia psichiatrica, che viene rigettata e descrivono, documenti medici alla mano, lo stato in cui viveva Di Lello che «al momento del delitto non era capace di percepire il valore della sua azione accecato dalla follia per il grande amore per Roberta». Poi silenzio. Porte chiuse con la corte, presidente Valente, giudice a latere Andrea Belli e 6 giudici popolari, che si ritira in un’ala del tribunale dove nessuno può accedere.

LA SENTENZA. Dopo tre ore di attesa, alle 13.55, la corte entra in aula legge il verdetto. I giudici hanno accolto totalmente le richieste dell’accusa, negando all’imputato le attenuanti generiche. Di Lello ha evitato l’ergastolo per questo meccanismo giuridico:i giudici hanno considerato il reato concorrente (il porto abusivo dell’arma) in continuazione con il resto, scendendo al di sotto dei 5 anni di pena per questo reato. Il calcolo quindi è partito dall’ergastolo semplice, cioè senza l’isolamento, ed è sceso a trent’anni per effetto del rito abbreviato.

DI FLORIO. Il commento del procuratore è incisivo: «Questa sentenza è un monito per quegli imbecilli che in rete inneggiavano alla morte di Italo. Voglio ringraziare le forze dell’ordine, in particolare i carabinieri e il Ris di Roma che sono stati veloci e precisi permettendo alla giustizia di arrivare alla sentenza in pochissimo tempo»

LA PARTE CIVILE. «Delle sentenze si prende atto», dice l’avvocato Pompeo Del Re che rappresenta i genitori di Italo e i nonni, «e questa accoglie integralmente il capo di imputazione, l’accusa di omicidio volontario premeditato e riduce la pena dell’ergastolo per effetto del rito abbreviato. Siamo soddisfatti? E come si può esserlo: è morto un ragazzo, ci sono stati fatti gravissimi che hanno distrutto tre famiglie. È una sentenza importante, perché conferma che viviamo in uno Stato di diritto dove non ci si fa giustizia da sé, ma nei tribunali. Fanno appello? È negli strumenti della difesa tutelare il proprio assistito».

LA DIFESA. «Faremo appello» annunciano Cerella e Andreoni «Per noi il processo inizia ora. Volevamo evitare l’ergastolo e ci siamo riusciti. Fabio appena ha sentito la sentenza ci ha abbracciato ed è scoppiato in un pianto liberatorio: forse ha capito solo ora la portata del suo gesto e in pochi secondi ha rivissuto sette mesi di dolore iniziati con la morte della moglie Roberta Smargiassi».

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