DISAGIO E DISPERAZIONE VICINI A NOI

I cronisti arrivati sul posto, in quel disgraziato condominio del centro di Pescara, raccontano di poliziotti sconvolti, incapaci persino di aprire bocca e dare i soliti ragguagli sulla dinamica dei fatti. Tutti a chiedersi, e noi con loro: com’è potuto succedere? Di solito i giornalisti fingono di avere una risposta a tutte le domande, ma qui, davanti a un fatto terribile come un padre che soffoca il figlioletto di cinque anni nel sonno, facciamo un passo indietro, anche per l’immenso rispetto che portiamo al dolore di una madre. No, non abbiamo risposte.

Non vorremmo, per il povero Maxim come per altri, che si parlasse di figli adottivi: questi sono figli e basta, voluti con un amore infinito, spesso ben più grande dell’affetto che si porta nei confronti di un bambino cresciuto nella pancia della mamma. Voglio chiarire anche che con gli specialisti chiamati in causa nelle pagine dedicate a questa tragedia non vogliamo aprire nessun genere di polemica: sono contributi utili per capire come la tragedia possa arrivare, all’improvviso, in una famiglia di brave persone, stimate e benvolute da tutti, con un povero padre che arriva a togliere la vita al bambino che adorava.

Non vorremmo essere nei panni dei magistrati che dovranno giudicare quest’uomo: anche le leggi, anche i codici, sono inadeguati davanti a fatti inauditi come questo. Che forse ci dicono quanto il disagio e la disperazione siano vicini a noi.

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