Il processo

Discarica di Bussi, un disastro senza colpevoli

Diciannove gli imputati accusati di avvelenamento e disastro ambientale, ma per il secondo reato, derubricato in disastro colposo, è intervenuta la prescrizione

Tutti assolti o prescritti. Ambientalisti, comuni, Regione e 27 parti civili sotto choc. Settecentomila persone della Val Pescara, come ha certificato l'Istituto Superiore di Sanità e di fatto la stessa sentenza, hanno bevuto o irrigato per decenni acqua inquinata da ogni sorta di prodotto inquinante residuo della megadiscarica dei veleni chimici della Montedison di Bussi sul Tirino (Pescara), ma la "inattesa" sentenza della Corte d'Assise di Chieti ha stabilito che - pur se il disastro ambientale è certo, anche se colposo - tutti gli imputati sono stati dichiarati prescritti da questo reato e assolti dall'aver avvelenato le falde acquifere. Sentenza che non soddisfa nemmeno il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti che annuncia ricorso in appello.

La Procura di Pescara aveva chiesto 18 condanne da 4 anni a 12 anni e 8 mesi quei per dirigenti e tecnici della Montedison sia nazionale che di Bussi che a vario titolo, come direttori o tecnici, avevano avuto responsabilità dirette nello sversamento dei veleni nelle falde acquifere: la sentenza, un dispositivo di 6 righe dopo 5 ore di camera di consiglio, ha stroncato tutto.

L'inchiesta era nata dal lavoro del Corpo Forestale che nel 2007 aveva portato al sequestro di alcuni pozzi dell'acquedotto pescarese a valle della discarica: pozzi nei quali furono ritrovate quantità di sostanze inquinanti tali da farli chiudere immediatamente.

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Il processo con il reato di avvelenamento delle acque ha trovato la sua sede in Corte d'Assise, con il suo spostamento a Chieti. Parti civili, Avvocatura dello Stato e Procura avevano documentato le tesi d'accusa anche con una relazione dell'Istituto Superiore di Sanità molto puntuale, "inusuale per le dimensioni" ha commentato un legale delle parti civili, nel certificare il "disastro ambientale" della Val Pescara. Per l'accusa si trattava di disastro doloso, ma la giuria lo ha derubricato in colposo e quindi prescritto.

Processo Bussi
L'avvocato Cristina Gerardis dell'Avvocatura dello Stato

Immediate le reazioni. Di soddisfazione per le difese che alla vigilia della sentenza avevano paventato «la forca che la piazza richiede». «La soddisfazione è tanta, è stata esclusa qualsiasi fattispecie con dolo, con volontà, escluso il reato più grave», ha detto l'avvocato l'avvocato Carlo Baccaredda Boy che difendeva 4 dei 19 imputati. Di sconcerto per le accuse. «Il disastro ce l'abbiamo, esiste, e ce lo teniamo». È questa l'amara conclusione di Augusto De Sanctis, referente del Forum Acque Abruzzo. «Il disastro permane e se permane ci sarà un problema di bonifica. C'è un elemento positivo: che si perviene finalmente a un accertamento e questo è il dato che noi dicevamo sempre di necessità per poter arrivare poi alla bonifica». Ha detto l'avvocato Tommaso Navarra che rappresenta il Wwf.

Oltre agli ambientalisti sono intervenute anche le opposizioni politiche: « l'ennesima prescrizione che assolve tutti e lascia impunito un reato grave e certificato come il disastro colposo. Dopo l'Eternit è la volta della discarica di Bussi e della Montedison: una sentenza che ci lascia senza fiato», scrive il M5S. Ma l'allarme più serio viene dal sindaco di Bussi, Salvatore La Gatta, «Mi auguro ora - ha detto La Gatta - che come per la vicenda dell'amianto cresca lo sdegno della pubblica opinione». Affila le armi invece l'Avvocatura dello Stato, in attesa di leggere le motivazioni. Trattandosi di una sentenza penale «è già pronta da parte dello Stato la citazione civile nei confronti dell'azienda per il ripristino ambientale e per gli eventuali danni economici laddove non fosse possibile fermare l'inquinamento», ha spiegato l'avvocato Cristina Gerardis.