hotel rigopiano

Ecco la famiglia miracolata Parete: ma non festeggiamo

Si sono salvati in quattro. Il cuoco che ha dato l’allarme: sommerso dalla neve

PESCARA. «Camminavo in mezzo alla neve, ma era come se nuotavo. Ce l’avevo fino al mento e per muovermi mi attaccavo ai rami». Giampiero Parete, il “cuoco” pescarese di 38 anni scampato per caso alla valanga di Rigopiano che ha raso al suolo l’albergo dov’erano rimasti la moglie e i suoi due bambini (tra gli undici sopravvissuti di quella tragedia), a una settimana da quel disastro accetta di raccontare al Centro la disperazione solitaria di quei momenti. Quando, mentre armeggiava tra le valigie già caricate nell’auto pronta per partire alla ricerca delle medicine per il figlio, ha sentito, prima ancora di vederla, la valanga.

Signor Parete com’è stato?

Ero nel parcheggio, nella parte più esterna, di spalle rispetto alla montagna. Non ho visto niente, ma ho sentito da dietro il rumore dei rami che si spezzavano e poi come uno scroscio d’acqua fortissimo. E tutta la neve addosso.

E che cosa ha fatto?

Mi sono tolto la neve dalla faccia, ero ricoperto fino al collo, e sono andato verso l’albergo. Non sapevo che altro fare. Avrò fatto venti metri, ma in mezzo a tutta quella neve era come se nuotavo. Ce l’avevo fino al mento e mi attaccavo a un ramo sopra alla testa per andare avanti.

Hotel Rigopiano, ecco la famiglia miracolata
Il cuoco pescarese Giampiero Parete, sopravvissuto insieme alla sua famiglia alla valanga che mercoledì 18 gennaio ha distrutto l'Hotel Rigopiano a Farindola, racconta gli attimi in cui ha rivisto in ospedale prima la moglie e il figlio, infine la figlioletta. "Sono stati quattro miracoli". (intervista Simona De Leonardis, video Giampiero Lattanzio)

Che cosa ha visto?

Non c’era più niente dell’albergo. Si vedeva solo una lucetta che arrivava dalla spa. Poi ho sentito qualcuno che strillava, era Fabio (Salzetta, il manutentore dell’hotel ndr). Me lo sono trovato là sopra, era uscito dalla caldaia dopo aver rotto una finestra. Avevo il telefonino e le chiavi della macchina, siamo andati là. Era quasi notte, ti prende il panico. Ma in macchina ci siamo stati poco e niente, avevamo paura di un’altra scossa. Ho iniziato a telefonare.

A chi ha telefonato?

Ho fatto il 118 e il 112 tante volte, ma non si prendeva la linea. Con Fabio abbiamo pensato che forse per tutte le emergenze che c’erano quel giorno le linee erano occupate. Allora nell’elenco dei numeri ho chiamato il professore (Quintino Marcella ndr) lui è di Farindola, ci poteva aiutare.

E che gli ha detto?

Gli ho detto ho perso tutto, non c’è più niente, chiama il sindaco chiama qualcuno. Stanno tutti sotto.

Quanto tempo era passato dalla valanga?

Non lo so, forse mezz’ora. Poi, dopo un po’ che ho chiamato il professore hanno iniziato a chiamarmi, mi chiedevano le cose e mi dicevano che stavano arrivando.

E dopo quanto tempo sono arrivati?

Ho tenuto il motore della macchina acceso al minimo per 12-15 ore.

Che ha pensato in tutte quelle ore?

Che avevo perso tutto. Ho pianto.

Ha avuto qualche senso di colpa per essersi salvato?

Ho pensato che avevo sbagliato a portarli là. Ma i bambini volevano vedere la neve. Per questo c’eravamo andati. Dovevamo stare due o tre giorni.

Quando eravate arrivati?

Il giorno prima, martedì pomeriggio.

E com’era la strada?

Abbiamo dovuto aspettare lo spazzaneve e siamo saliti. Ci saranno state una decina di macchine che scendevano dall’hotel e noi che salivamo. Ma senza catene e senza gomme termiche. Ho una 4 per 4, è bastata. Ma nell’ultimo tratto verso l’albergo ha iniziato a nevicare e non ha mai smesso un secondo fino al giorno dopo.

Da quando i clienti dell’albergo hanno iniziato a chiedere di andarsene?

Dopo la seconda scossa della mattina già non ci voleva stare più nessuno. Dalla mattina eravamo pronti ad andare via. Siamo stati a pulire le macchine tutta la giornata, c’erano due metri di neve sopra a ogni macchina. Ma tra di noi c’era una solidarietà pazzesca. Si puliva tutti insieme per essere pronti ad andarcene. Poi mentre stavamo mangiando è arrivata la terza scossa, sono scattati tutti. Ci siamo fatti qualche panino per l’attesa e abbiamo iniziato ad aspettare. Avevano detto che lo spazzaneve arrivava alle due. Poi sono arrivate le tre, le quattro. Tanto viene, ho pensato. Le macchine sono pronte, aspettiamo.

E il titolare, Roberto Del Rosso, che vi diceva?

Ci tranquillizzava, stiamo preparando ci diceva. Lui era il primo con la pala e con il trattorino a pulire. E siccome la mia era una delle ultime macchine mi ha detto “vai a mangiare, te la caccio io la macchina”.

Quando è uscito, prima della valanga, dov’erano gli altri?

Stavamo sotto al bar, pronti per partire, con le valigie.

E i bambini perché erano nella sala biliardo?

Gli piaceva, ci giocavano già dalla sera prima, avevano fatto amicizia e giocavano.

I dipendenti dov’erano?

Un po’ con noi, ognuno al suo posto.

E il titolare, Del Rosso?

Lui stava aiutando per preparare ad andarcene, accontentava gli ospiti, girava.

E sua moglie e suo figlio?

Stavano giocando a dama al tavolino a fianco alla stanza del biliardo. Così teneva d’occhio anche la piccola.

Che cosa le ha raccontato sua moglie della valanga?

Ha sentito un fortissimo movimento d’aria, tutte le palline di Natale si sono alzate. Mi ha detto che è stato come la corrente che entra se apri lo sportellone dell’aereo in volo. Poi è caduta una trave tra mia moglie e mio figlio, ma per fortuna non l’ha colpito. Lui è riuscito a superare la trave e a mettersi vicino alla mamma. Mia moglie chiamava Ludovica, ma lei non la sentiva.

In quattro, la vostra famiglia, rappresenta quasi la metà di tutti gli 11 sopravvissuti. Come si sente?

Un miracolato.

Che cosa avete fatto quando vi siete ritrovati in ospedale due giorni dopo, il venerdì?

Ci siamo abbracciati.

Se chiude gli occhi le viene in mente qualcuno che ha incontrato all’hotel?

Fabio. Mi aveva aiutato poco prima ad aggiustare le spazzole dei tergicristalli. M aveva visto preoccupato e si era offerto subito. E poi ci siamo ritrovati là fuori proprio io e lui.

Che cosa hanno chiesto i bambini appena tornati a casa?

Gianfilippo un giochino per il computer. È come se sei rinato, gliel’ho preso. E Ludovica qualcosa di Frozen: il 14 aveva fatto la festa a tema. Ma non è tempo di festeggiare. Non me la sento, mentre tante persone fanno i funerali. Invece voglio ringraziare tutti i soccorritori, il 118, il soccorso alpino, la finanza, i carabinieri, tutte le squadre che sono venute, tutto il calore che ci hanno dato all’ospedale e tutte le persone che hanno fatto una preghiera per noi.