ECCO LE CATENE CHE FRENANO LA SINISTRA ITALIANA

Nel mirino del saggio di Cerasa la nomenklatura che per 20 anni ha preferito essere felice e perdente

Ma vuoi vedere che la generazione Bim Bum Bam riesce davvero a spezzare “le catene della sinistra”? Intendendo per catene quell’intreccio subdolo di superiorità morale che si trasforma in minorità politica. E quell’alterigia culturale che spinge alla deriva le analisi sulla realtà sociale. E ancora: quel giustizialismo spinto che confligge con una prassi non sempre adamantina. Insomma, le catene sono una sequela di vizi ventennali che hanno impedito appunto alla sinistra – e alla sua principale espressione, il Pd – di essere una forza politica di governo convincente prima ancora che vincente. Almeno fino al sorprendente risultato delle elezioni europee dello scorso 25 maggio, quando il partito di Matteo Renzi ha superato la soglia proibita del 40 per cento dei voti.

“Le catene della sinistra” è il titolo del saggio (Rizzoli) scritto da Claudio Cerasa, giovane e acuta firma del “Foglio”. La generazione Bim Bum Bam – il richiamo è al noto contenitore di cartoni animati andato in onda dagli anni ’80 fino agli inizi del nuovo millennio - è quella dei trentenni di oggi, post-ideologici e televisivi, raccolti intorno a Renzi, il segretario che in meno di sei mesi dalla sua elezione prima ha conquistato Palazzo Chigi e poi il consenso della maggioranza relativa degli elettori.

Un’avvertenza: il libro, quasi 300 pagine, è stato pubblicato poche settimane prima del voto; non può tener conto dunque del risultato delle urne. Né tantomeno di questi primi contraddittori mesi di governo. E forse neppure ne ha bisogno.

Perché Cerasa si diverte a fare i nomi della intoccabile nomenklatura di sinistra che, nei vent’anni del berlusconismo imperante, è stata sì anti-Caimano, ma ha saputo sempre tutelare la propria rendita di posizione. Felice e perdente, anche quando Berlusconi si era fatto del male da solo. Carriere, intrecci amicali e parentali, tic e ambizioni: nulla è risparmiato nel racconto ricco di citazioni, inediti retroscena, ricostruzioni accurate. Un mondo, secondo la tesi del saggio, innovatore a parole, conservatore nei fatti. Dove il luogocomunismo radical-chic è contrapposto al senso comune dilagante in fasce sempre più ampie della società.

E’ quel modo di interpretare la cultura di sinistra - secondo la felice quanto graffiante intuizione dell’autore – che alla fine porta alcuni suoi intellettuali di rango ad aver paura nientedimeno che di Checco Zalone, campione d’incassi cinematografici con il suo politicamente scorretto “Sole a catinelle”. Così Cerasa, come solo un trentenne della sua generazione può liberamente fare, si prende gioco della sinistra nannimorettiana, dove per «nannimorettismo – scrive - si intende quel processo lento, graduale e inesorabile con cui la sinistra ha ceduto parte della sua sovranità a un movimento composto da intellettuali, attori, scrittori, registi, poeti, romanzieri, reporter, giornalisti, editorialisti, opinionisti e artisti, tutti molto impegnati quotidianamente a promuovere migliaia di cruciali e fondamentali campagne di raccolta di firme necessarie a salvare l’umanità, e tutti molto impegnati a dettare quotidianamente l’agenda al mondo progressista, e a indicare, con grande trasporto e molte toppe sulle giacche di velluto, il percorso corretto per essere riconosciuti come il simbolo di un’Italia giusta».

Un libro snob proprio perché mette a fuoco certi snobismi elitari? O, peggio, un cavallo di Troia piazzato a sinistra per snaturarne valori e ideali? Per Pippo Civati, uno dei capi della minoranza interna del Pd, la tesi dell’autore è che «la sinistra deve fare la destra». Così la partita è chiusa. E non vale la pena di perder tempo nel leggerlo. In realtà Cerasa, testa pensante del giornale diretto da Giuliano Ferrara, non può essere sbrigativamente tacciato di “destrismo”. Auspica invece una sinistra che alla dirigenza sindacale anteponga i giovani in cerca di futuro e ai vertici di Confindustria preferisca la tutela dei ceti produttivi. Insomma una sinistra capace di ritrovare consenso sociale anziché tessere relazioni di potere. E’ troppo? Forse sì.

Eppure quel 40 per cento incassato con una storica sorpresa da Renzi fa intuire una possibilità per il Pd e per il paese. Riformista e vincente. Ce la farà il boy scout diventato premier? Ce la farà l’Italia bisognosa di rinnovarsi. Ce la farà il Pd oltre la rottamazione della vecchia guardia? In effetti il Belpaese e la sinistra… non hanno da perdervi che le loro catene. Ma, pardon, quest’ultima frase ci rimanda proprio a tutt’altra antica storia. Per nulla renziana.

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@VicinanzaL