ESSERE È TESSERE

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L’altro ieri

Esco di casa e aspetto, il suo balcone è ricco di gerani come una cascata di capelli rossi, aspetto un po’ sa che sono giù.

Le vado incontro, tiene i suoi libri in un elastico, chiedo se posso portarli, mi sorride, fa cenno di no a ognuno il suo bagaglio.

Le parlo del mare, di rotte su e giù per il Mediterraneo del mondo dopo l’orizzonte; lei di filosofi, di retorica, della necessità di avere un progetto.

Dice: non ci sono tante direzioni da percorrere.

Arriviamo davanti alla scuola, chiudo gli occhi per un bacio che mi porto fin dentro il mio banco.

Ieri

Questa spiaggia e quest’amore hanno il suo prigioniero: un uomo senza orizzonte.

Si parte per aggiungere o per levare?

Per portare ciò che si è oppure per tornare con ciò che si è stati? Poseidone mi vuole lontano dal ritorno, confonde l’ago della bussola, orienta i venti a suo piacimento verso ignote direzioni per il torto subito.

Navigo il mare e l’ira, conosco sia l’onda sia mi terrorizza e mi tiene sveglio sia la calma con cui tenta d’addormentarmi.

E’ il gioco della vita ed è la mia vita che gioca, sfido il fato il mio unico dio.

La mia astuzia ha messo fine a un tempo inutile e lungo; ora il desiderio guida il mio senno tra ciechi mostri, scaltre magie e raffinati incantesimi.

Vivo il viaggio, lascio gli occhi cambiare, conservo la ricchezza del nuovo perché ciò abbia un senso.

Penso al ritorno, peregrino dentro la mia esistenza, non metto fretta ad Atena, bevo il vino di Tracia, affronto con l’inganno la forza, ascolto sirene per misurare la voglia del mio ritorno e aspetto quel tempo che non ancora conosco.

Il mio ritorno è la ricompensa,

Io sono la vela che parte e che torna cambiata dal vento, dal sole e dalla salsedine, io sono il mio io migliore che torna.

Tendo i fili lascio tra loro solo il sentiero necessario per incrociare la trama, penso alle nostre vite che restano parallele senza creare tessuto.

Chi afferma che esistono più direzioni verso cui orientare le proprie vele mente, non c’è ne sono che due per un viaggio: dentro e fuori di se!

Ogni giorno coniugo il verbo essere al presente perché non mi è dato andare avanti, ma per un “sono” esistono tanti “io” diversi.

Ho imparato a nascondere la strada a me stessa, ogni passo sulla stessa orma; mi siedo ai due lati del tavolo: il riflesso e l’originale. Inverto il gioco per restare lontana dalla soluzione.

In questo letto cingo d’assedio il vuoto come tu hai fatto con Ilio, m’illudo di sottrarre mare alla chiglia affinché tu possa sentire il soffio della nostalgia perché il tuo vagare non sia un rimbalzo inutile in un oceano senza sponde.

So che il tuo navigare prevede un ritorno, al contrario del mio che è un andare e tornare come le onde che ti tengono al largo, il mio viaggio è interminabile poiché non prevede conquiste.

Il mio è il gioco dell’essere, il tuo dell’avere, si può viaggiare nell’attesa rimanendo incollati alla speranza con l’assenza che si prende gioco del tempo che ha poca memoria; si può viaggiare da prigionieri senza esserlo, come fanno le donne che percorrono le misure della propria casa, della propria isola accanto lontano da uomini che non conoscono la terra che abitano e di cui sono figli.

Percorri questo mare rincorrendo la tua avventura, insegui un’idea come un bimbo una sfera che ti ricondurrà all’origine proprio come la mia tela che si rifiuta di crescere che tesse l’invisibile, che tesse le mie parole d’amore.

Oggi

Abitiamo in Via Itaca, al quattro. La guardo al mattino e mi dico che aveva ragione, ci sono solo due direzioni: dentro e fuori di noi.

Un unico viaggio che ci porta a unico punto il mattino.

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