Ex Cofa, nessuno chiude i cancelli

Dopo la scoperta dei disperati nei capannoni, gli ingressi restano aperti

PESCARA. Nessuno chiude i cancelli dell'ex Cofa. Dopo la scoperta di cinque disperati dentro i ruderi, gli ingressi dell'ex Cofa sono ancora aperti: il Comune, che ha in custodia l'area di 23 mila metri quadrati tra il ponte del Mare e il porto turistico, non interviene; anche la Regione Abruzzo, proprietaria, è immobile. L'ex Cofa resta un mostro con il filo spinato lungo il recinto ma con i cancelli aperti: il viavai di disperati nei capanonni con il tetto di eternit non si ferma.

IL FILO SPINATO
Non serve a niente la recinzione arrugginita con le punte aguzze e il filo spinato. Inutili anche i cocci di bottiglia messi nel cemento per evitare di scavalcare il recinto. All'ex Cofa si entra dai cancelli: il primo lungo la pista ciclabile che immette al ponte del Mare è chiuso ma si apre spingendolo con una mano sola; il secondo è nascosto sotto il ponte del Mare ed è sempre aperto lasciando un varco di un metro per entrare nei capannoni fatiscenti.

«SI' ALLA DEMOLIZIONE»
Mentre la trattativa di acquisto tra Regione Abruzzo e Camera di commercio presieduta da Daniele Becci continua, la Confcommercio chiede «al sindaco Luigi Albore Mascia e a tutte le autorità di demolire e bonificare subito l'ex Cofa». L'associazione guidata da Ezio Ardizzi, predecessore di Becci, afferma: «Siamo costretti a prendere atto di una situazione eclatante, inverosimile, quasi disgustosa, assistendo allo stato di fatiscente degrado in cui versa l'intera superficie, piena di cascami pericolosi e disseminata di oltre diecimila metri quadrati di eternit».

IL PROGETTO IGNORATO La Confcommercio rivela anche l'esistenza di un progetto finanziato ma ignorato: «In occasione dei Giochi del Mediterraneo e della costruzione del nuovo padiglione espositivo all'interno del porto turistico, la Camera di commercio si era resa disponibile a stanziare 350 mila euro per la demolizione e bonifica dell'area da adibire a parcheggio. Il progetto aveva già ottenuto il beneplacito dell'ex sindaco Luciano D'Alfonso che aveva firmato un'ordinanza di demolizione a seguito del parere espresso dai vigili del fuoco e dal corpo forestale». Secondo l'associazione presieduta da Ardizzi, l'abbattimento dell'ex Cofa avrebbe dato «la più ampia visibilità al porto turistico, nascosto da fatiscenti e obbrobriosi resti dei vecchi capannoni. Ci sentiamo scoraggiati, delusi e arrabbiati per le lungaggini burocratiche che», sostiene Confcommercio, «a distanza di sette anni dal trasferimento del mercato ortofrutticolo e in spregio agli interessi culturali e turistici, non hanno consentito una sistemazione dignitosa dell'ex Cofa».

I MILLE NO DI TEODORO Mentre l'ex Cofa resta nel degrado, Gianni Teodoro, ex assessore ai Lavori pubblici con Albore Mascia e consigliere provinciale, avverte: «No alla Camera di commercio, l'area dell'ex Cofa deve essere acqistata dal Comune che, a differenza dell'ente camerale, rappresenta gli interessi di tutti i cittadini di Pescara». Teodoro dice no ai palazzi nell'area dell'ex Cofa: «Sono contrario a ogni intervento residenziale in quell'area che dovrà essere destinata solo al rilancio del settore fieristico e alberghiero della città. Sono pronto a presentare non centinaia ma migliaia di emendamenti affinché nel Pp2 venga raggiunto questo obiettivo».

«BASTA REGALI» «Basta regali alla Camera di commercio», afferma Carlo Costantini, consigliere regionale dell'Idv. «La Camera di commercio vuole comprare a prezzo di saldo l'area più strategica per il futuro di Pescara per poi piazzarci, con la complicità di un'amministrazione comunale asservita a interessi diversi da quelli della comunità, l'immancabile colata di cemento. Se la Regione Abruzzo ha appena dovuto chiudere sette ospedali per carenza di risorse non può permettersi di fare regali a nessuno. E il Comune non può permettersi interventi a macchia di leopardo e svincolati da un progetto globale. Sulla necessità della bonifica, non c'è un nesso logico e trasparente tra questa necessità e la svendita dell'area».

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