Farindola, riapre anche il re degli arrosticini

I titolari della trattoria “Lu Strego” isolati dalla neve per giorni: «Non molliamo»

FARINDOLA. Sono rimasti prigionieri del loro ristorante del tutto all’oscuro, per 24 ore, della tragedia avvenuta a un passo da loro.

Dal giorno della valanga che ha raso al suolo l’hotel Rigopiano, il 18 gennaio, sono riusciti a liberarsi e a uscire solo il 26 gennaio perché poi la beffa è stata che erano dentro la zona rossa, quella chiusa dai soccorritori impegnati sul luogo della valanga. Inaccessibile anche ai tecnici dell’Enel e a chi avrebbe dovuto liberarli. Giorni da incubo che oggi racconta la moglie di Franco Marzola, uno dei titolari della trattoria “Lu Strego”, il locale celebre per i suoi arrosticini e i piatti tipici di Farindola che ha riaperto venerdì. Simbolo della forza e della voglia di ricominciare dell’intera comunità.

«Lu Strego non molla», dice Cinzia Rossi, «siamo una trattoria di famiglia. Dal 1967 siamo qui grazie ai miei suoceri Mario Marzola e Maria Mariani, questa è la nostra vita». Una forza ripagata dai clienti che tra venerdì e sabato sono tornati a riempire il locale nonostante il resort, sette chilometri più su, non ci sia più. «L’albergo Rigopiano per noi era una risorsa», racconta la signora Marzola, «tutti i clienti che salivano alla spa si fermavano prima a mangiare da noi, così come quelli che scendevano. La domenica prima della tragedia si sono fermati a mangiare quaranta persone che avevano lasciato l’albergo. E anche tra le vittime ci sono alcuni dei nostri clienti abituali, come Piero Di Pietro e sua moglie, o come la coppia di Atri. Oltre a tutti i ragazzi che lavoravano lì, Marinella, Alessandro e le ragazze. Anche il titolare Roberto Del Rosso. Era stato da noi la domenica, con la moglie e i due figli. Non riesco ancora a crederci. Psicologicamente ci ha aiutato e ci sta aiutando l’affetto dei clienti. Un cliente ci voleva portare i viveri e le bombole del gas. Ci è partito da Roma ma quando è arrivato al casello l’abbiamo rimandato indietro, perché stavamo dentro la zona rossa, non l’avrebbero fatto passare». E così, nell’isolamento più totale, sono rimasti per giorni i titolari della trattoria sommersa dalla neve. «Ha iniziato a nevicare di brutto già dal pomeriggio della domenica 15. E il 18, quando c’è stata la scossa delle 10 e mezza di mattina, con tutta quella neve mio marito ha preferito farci spostare tutti nel ristorante. Ma lì dentro siamo stati in undici senza luce, con le mie figlie, due bambini piccoli, i miei suoceri, e mio cognato che non sta bene. Stavamo senza camino, con una stufetta e i letti per terra, un incubo. La mattina dopo mia figlia è riuscita ad attivare il telefonino e una cugina da Francavilla le ha chiesto se dopo la slavina stavamo bene. Ma quale slavina, ha risposto mia figlia. Anche nel primo pomeriggio, sentivamo gli elicotteri ma pensavamo che qualcuno si fosse sentito male. Invece erano i soccorsi per la valanga e sepolti com’eravamo, nessuno ha pensato a noi. È riuscito mio cognato a venire a prendersi le bambine, noi siamo usciti da soli il 26 gennaio grazie a mio marito che si è messo a lavorare con la pala, e agli amici che l’hanno aiutato. Abbiamo perso più di 200 chili di carne».

(s.d.l.)

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