«Fate una carezza ai vostri genitori»

Il collega Parisse alla Mazzini racconta il terremoto e il dramma della sua famiglia

PESCARA. «E’ trascorso quasi un anno, a me sembra passato un minuto». Il 6 aprile 2009 per Giustino Parisse rappresenta un dolore profondissimo. I figli Domenico e Maria Paola, e Domenico il papà. La sua Onna distrutta, 40 persone morte in quel villaggio a causa del sisma.

Il caporedattore del Centro racconta quel dolore agli studenti. La commozione si trasforma in forza, e il giornalista lancia un messaggio che gli studenti difficilmente dimenticheranno.

La mattinata di ieri Parisse l’ha trascorsa assieme al suo collega, il caporedattore centrale del quotidiano Roberto Marino, e agli studenti della scuola media Rossetti-Mazzini di Pescara in un incontro nel quale il cuore si è appropriato dello spazio di quaderni ed appunti. Le classi seconde delle sezioni G, L ed N dell’istituto pescarese hanno partecipato all’incontro che ha fatto rivivere con gli occhi di chi quelle immagini le ha stampate nell’anima, la tragedia del terremoto.

L’appuntamento si colloca nell’ambito di un progetto curato dalla docente Erminia Turilli, che riguarda Pescara e L’Aquila: come erano e come sono oggi.

«Quella notte, dopo la prima scossa, sono andato a tranquillizzare i miei figli», ricorda Parisse, «a Domenico ho raccomandato di andare a dormire, l’indomani avrebbe dovuto svegliarsi presto. Maria Paola era già nel suo letto, mi ero solo avvicinato per rassicurarla. Poi, la seconda scossa alle 3,32, quella che ha risparmiato solo me e mia moglie: a dire il vero in quel momento siamo morti anche noi».

Gli attimi terribili, il tentativo disperato di tirar fuori Domenico e Maria Paola dalle macerie. Le grida, il pianto. Ed al ricordo commovente delle parole del caporedattore aquilano si mescolano le lacrime degli adolescenti della Mazzini. Quelle di Sofia, innanzitutto, che all’Aquila ci viveva, ed ha perso Davide, il suo caro amico. Sofia ora vive a Pescara, ma tornando al 6 aprile un nodo le stringe la gola, e gli occhi si bagnano di pianto.

Sembra che il terremoto l’abbiano vissuto da vicino anche tutti gli altri compagni. Mani strette l’una all’altra. Abbracci di una platea adolescente ma abbastanza matura per capire il valore della vita, quello su cui Parisse ha voluto riflettere, tornando al presente. «Questa mattina mi sono alzato presto», ha raccontato, «mia madre si è affacciata alla finestra per salutarmi, preoccupandosi di come mai mi fossi alzato così presto. Ragazzi», ha continuato, «vivete bene, divertitevi, ma abbiate sempre la famiglia come punto fermo della vita, è l’unica certezza. Date una carezza ai vostri cari, tornando a casa, semplicemente perché ci sono e non c’è nulla di più bello».

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