Forte: più Province e meno parlamentari

L’arcivescovo sollecita tagli a partire dai livelli più alti e cita Chieti come esempio paradossale della riforma

CHIETI. Più che tagliare e accorpare le Province, abbassare il numero dei parlamentari e ridimensionare gli uffici regionali. L’arcivescovo Bruno Forte torna sulla riforma degli enti locali sollecitando il rispetto di un principio di sussidiarietà che dovrebbe ispirare la sana articolazione dello Stato e difendere le istituzioni più vicine al cittadino. Lo fa nel presentare le prossime Quaestiones quodlibetales e, in particolare, quella in programma il 5 dicembre, nell’auditorium del rettorato a Chieti, con il ministro Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio, che verterà su Fede e politica.

«Viaggiando per le 150 parrocchie della mia diocesi», dice l’arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto, «situate in 91 Comuni, ho potuto constatare come la stragrande maggioranza della gente comune non abbia in sede politica nazionale chiari punti di riferimento. Chi invece ogni giorno è vicino alla gente sono senz’altro i Comuni, ma lo potrebbero essere ancor di più, se dotate di maggiori poteri, le Province. Più in alto si va, invece, più la politica si allontana dai bisogni delle persone. Mi chiedo oggi quanti parlamentari siano reali portatori degli interessi dei poveri. Basta riflettere che negli Stati Uniti, 300 milioni di abitanti circa, ci sono un centinaio di senatori e meno di 300 deputati, mentre in Italia, 60 milioni di abitanti, ci siano circa mille parlamentari. Per non parlare delle Regioni, che stando ai recenti fatti di Lazio e Lombardia, hanno dimostrato di essere una macchina complessa, carrozzoni dove è possibile che si annidi il malaffare. Ecco perché, nell’ambito della riforma sull’assetto istituzionale dello Stato, vedrei più positivo un ridimensionamento ai livelli istituzionali più alti che non a quelli più bassi, a partire dalla riduzione del numero dei parlamentari e dal ridimensionamento delle Regioni».

Monsignor Forte non tralascia il richiamo a esempi di politica del passato, a diretto contatto con i cittadini, citando per l'Abruzzo l'esempio di Remo Gaspari, che della disponibilità costante e fisica verso l’elettorato fece ragione del proprio mandato. Mentre oggi, complice anche la legge elettorale, con una metafora incisiva, il teologo osserva: «La classe politica clona per lo più se stessa e la rappresentanza parlamentare appare molto più spesso portatrice di interessi di potere, che non di interessi popolari e generali».

Così, come aveva fatto in occasione del 150° della Camera di Commercio teatina e come ha continuato a sostenere attraverso le colonne del Sole 24 Ore, sul numero di domenica scorsa, Forte auspica la salvaguardia delle Province, anche come rispetto delle identità locali.

«Con l'attuale proposta del governo», aggiunge, «assistiamo a paradossi: emblematico in questo caso l’Abruzzo, in cui l’unica Provincia, Chieti, che ha i resquisiti per restare tale, dovrebbe scomparire, perché altre hanno città capoluogo più popolose. Invece Comuni e Province andrebbero sostenuti e, pur se riorganizzati, non dovrebbero veder cancellate le proprie identità».

Sipo Beverelli

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