Francavilla, dalla rapina al delitto: una vita da randagio a caccia di un lavoro

Chi è Giovanni Iacone, separato, padre di 4 figli ha girato l’Italia proponendosi come cuoco. Poi, nel 2014, finisce in cella

PESCARA. Una vita da randagio, a caccia di un lavoro che quasi sempre veniva meno, un matrimonio e quattro figli alle spalle. Giovanni Iacone, 48 anni compiuti a settembre è stato incensurato fino ad aprile del 2014 quando viene arrestato per rapina dai poliziotti di Montecatini. In carcere però ci sta tre giorni Iacone, perché il gip di Pistoia pur convalidandone l’arresto lo rimette in libertà contrariamente a quanto richiesto dal pm che per lui, invece, voleva la custodia cautelare. A salvarlo è la sua incensuratezza, l’aver filato sempre dritto al punto da essere lui stesso qualche anno prima, a rivolgersi alla polizia.

Fu quando nel 2006, nel periodo che abitava in provincia di Pistoia, e precisamente a Ponte Buggianese, ottomila anime dove ci si conosce tutti, Iacone si precipita a denunciare il furto che gli avevano fatto in casa. Niente di valore, ma il fatto è che i ladri oltre a svuotargli il frigorifero gli portano via anche due pantaloni da cuoco, quelli che lui usava per lavorare. E non gli va giù. È quello il periodo toscano di Iacone che pur essendo nato a Firenze ha origini abruzzesi e a Pescara risulta presente, con tanto di residenza, tra il 1993 e il 1997. Quattro anni in cui forse ci prova a fare qualcosa. Ma niente, non ci riesce. E decide di andarsene. Punta al Modenese, ma da lì si sposta e torna in Toscana dove le cose non vanno evidentemente troppo bene se poi, quasi tre anni fa, si improvvisa rapinatore.

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Poi, è storia di due giorni fa, le cronache ce lo fanno scoprire improvvisamente in un appartamento di via Monte Sirente, a Francavilla al Mare dove mercoledì pomeriggio uccide la povera Monia Di Domenico colpevole di aver preteso l’affitto non pagato, e poi si fa quattro piani di scale nel tentativo di nasconderne il corpo tra le soffitte della mansarda. È così, che dopo la rapina, si consuma l’escalation dell’insofferenza, della rabbia di Iacone, che in una manciata di minuti ingoia la vita di Monia. Psicologa con la passione per i viaggi, specializzata nella riabilitazione dei malati psichiatrici gravi, che lei chiama “i miei ragazzi” e che solo qualche giorno fa aveva portato a vedere la neve sulla spiaggia; che amava il mare e che era il sogno realizzato dei genitori, che l’avevano avuta solo in tarda età. Ma che ne sapeva Giovanni Iacone, che ne poteva sapere di tutte queste cose? Per lui Monia era solo la padrona di casa. Ma il paradosso, la beffa, l’assurdo, è che Monia Di Domenico il contratto d’affitto non l’aveva stipulato neanche con lui, ma con la coinquilina di Iacone. Una persona con cui il 48enne condivideva le spese, che lavora come badante e che mercoledì non era in casa quando Monia è andata a reclamare quegli affitti praticamente mai pagati, visto che erano lì da settembre ed erano morosi da due mesi.

Pensava che fossero una coppia, Monia, e per questo si è rivolta a Iacone che dal canto suo, secondo quanto riferiscono i vicini, in più occasioni avrebbe contribuito ad alimentare l’equivoco della coppia. Lo racconta, al Centro, una vicina rimasta amica dei Di Domenico che nella casa data in affitto avevano abitato fino a quando Monia è andata a scuola a Pescara. Racconta la donna che chiede l’anonimato: «L’ho incontrato sotto casa verso ottobre, buongiorno e buonasera, gli ho fatto qualche domanda, che lavoro faceva, cose così. Una persona calma, sembrava una brava persona. E quando mi ha detto che stava a casa dei Di Domenico mi sono subito interessata, e anche se era di poche parole gli ho fatto un po’ di domande». E a quelle domande Iacone risponde. A mezza bocca ma risponde. «Lavori fuori o qua?», gli chiede la vicina. E lui: «Lavoro, faccio il cuoco». Dove? Insiste la signora. A Montesilvano fa lui. E ancora lei: «Ma dove?», sulla via Vestina è la risposta. «Ma dove», lo incalza ancora lei. E Iacone, come riferisce ancora la residente: «Non lo so, non ci sto con la testa». Ma la signora va avanti, gli fa ancora domande: «E sua moglie, non la vedo, che fa?». E lui: «Fa la parrucchiera a Pescara, siamo separati tutti e due».

Ecco. È in questa vita vissuta all’ombra che è andata a infrangersi, alla vigilia della sua partenza per Parigi, l’esistenza di Monia Di Domenico raccontata in mille modi (quanti erano i suoi interessi e i suoi amici), da chi da tre giorni è sotto choc per la sua incredibile fine. Giovanni Iacone no, non è sembrato sotto choc. Davanti agli inquirenti non si è disperato, non ha pianto e non si è mostrato particolarmente prostrato. Ha risposto alle domande. Ha raccontato e ammesso senza battere ciglio. Quasi rassegnato.

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