Francesca, miss allenatrice «Io, pazza per il calcetto»

La guida delle ragazze del Montesilvano si racconta: mia madre non voleva che giocassi a pallone, ora sono pronta a gestire anche una squadra di maschi

MONTESILVANO. Si sbagliava la mamma di Francesca: «Se giochi a pallone finirai per diventare un maschiaccio e perderai la grazia di noi donne», così le diceva con la faccia seria. Invece, lei ha deciso di insistere e, al contrario di quanto pensava la mamma, a 38 anni impugna la lavagna magnetica con l’eleganza di una modella e, con le dita affusolate e i polsi ornati di bracciali, muove svelta le pedine: su e giù, taglia di qua, gira di là, ecco gli ordini alle sue ragazze. Francesca fa pensare a un maschio soltanto quando pronuncia il suo cognome: «Piacere, Francesca Salvatore». Anche quei capelli corti sono quintessenza della femminilità: è lei l’allenatore del Città di Montesilvano, squadra femminile di serie A di calcio a 5 capace di vincere uno scudetto. Un passato da giocatore e un presente in panchina. Con un sogno che potrebbe diventare presto realtà: «Allenare i maschi? Non mi dispiacerebbe. Sicuramente, gli uomini sono meno complicati». Quasi una candidatura, certamente, un modo per dire che lei si sente pronta.

«Per me, il pallone è sempre stata una passione», racconta Salvatore, «una passione che da piccola mi costava i rimproveri di mia madre che predicava e mi chiedeva di smetterla con il calcio. Ma io mica mi sono fermata: ho insistito, e dopo aver fatto tantissimi altri sport, pallacanestro, tennis e nuoto, sono arrivata finalmente al calcio a 11. I miei idoli? Forse, Carolina Morace più di tutti, ma soprattutto ammiro quei giocatori di carisma e con nomi non troppo famosi: mi rispecchio in loro perché io, priva di grandissima tecnica, ho sempre sopperito con la personalità. Il mio giocatore ideale è quello che non molla mai, che rincorre tutti i palloni e che smette di giocare solo quando arriva negli spogliatoi».

La ragazza-scudetto, in panchina, si è seduta «quasi per caso»: «Il vecchio allenatore», ricorda, «diede le dimissioni e il presidente mi chiese di prendere in mano la squadra. Io, che sono una che non si tira mai indietro, iniziai con entusiasmo pensando a come avrei agito con me stessa. Così ho studiato e rubato con gli occhi tanti piccoli segreti agli altri allenatori, ma il punto di forza è stato il mio rapporto con le ragazze, da amiche, quasi mamma-figlie. Grazie a questo mix sono riuscita a capirmi e a capirle. Questo feeling», assicura, «ci ha portato ai risultati che sono sotto gli occhi di tutti». Visto da dentro com’è lo spogliatoio di una squadra femminile? «Ambiente difficilissimo», risponde Salvatore, «le donne difficilmente riescono a non portare in campo i propri problemi e, perciò, devi essere capace di distrarle e intrigarle con nuovi metodi. Più che allenatore, spesso, devo essere una psicologa».

A Montesilvano è boom del calcetto in rosa: una squadra in A e altre tre, Virtus Colonnetta, Atletico Montesilvano e Centro storico, in serie C. «È un fenomeno a cui dovremmo guardare tutti con più attenzione», osserva Salvatore, «perché le squadre di C potrebbero e dovrebbero essere la nostra base altrimenti saremmo costretti a fare ricorso alle straniere ma così lieviterebbero i costi e, in questo periodo, non possiamo permettercelo. Sarebbe bello creare vivai per le nostre ragazzine: ce ne sono tante che vorrebbero giocare a pallone». (p.l.)

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