Gioco d’azzardo dilagante Allarme per i più giovani 

Questa mattina un convegno nell’aula magna del liceo Misticoni-Bellisario Di Pietrantonio (Asl): «È una malattia ma esistono servizi gratuiti per uscirne»

PESCARA. Pericoli e tranelli del gioco d’azzardo patologico. Se ne parlerà oggi, a Pescara, nell’aula magna del liceo artistico musicale coreutico Misticoni – Bellisario, a partire dalle 11 (via Einaudi). Gli studenti avranno modo di interrogarsi su questo fenomeno ma anche di fare domande agli esperti in occasione del convegno, organizzato dal Centro e da Bper, sul tema “Gioco d’azzardo patologico: conoscerlo per evitarlo”. Dopo l’introduzione della dirigente scolastica Raffaella Cocco, interverranno il sostituto procuratore Fabiana Rapino, il responsabile della direzione territoriale Adriatica Bper Guido Serafini e Moreno Di Pietrantonio, del Servizio per le dipendenze Asl di Pescara. A moderare l’incontro la giornalista Monica Pelliccione. Un appuntamento per mettere in guardia i giovani, soggetti a rischio, visto che la ludopatia riguarda sempre più i ragazzi. Alcune anticipazioni arrivano da Di Pietrantonio, che parla del gioco di azzardo come di «una vera emergenza sociale, in crescita».
Che percezioni ha del fenomeno?
Sempre più persone prendono coscienza della propria condizione e decidono di chiedere aiuto al nostro servizio. Il problema è che molti vivono questa tragedia in solitudine, con la paura e la vergogna di ammettere a se stessi, ma anche in famiglia e all’esterno, di essere malati. Già, questa è una vera e propria malattia e il primo passo è prenderne coscienza. Il gioco d’azzardo è una dipendenza comportamentale, delle stessa gravità della dipendenza dalle sostanze stupefacenti. E gli effetti possono essere gravissimi, fino al suicidio. In questo momento, poi, dilaga il gioco on line: quindi non serve andare dal tabaccaio o nelle sale slot. Si gioca a casa, con la moglie e i bambini a fianco. Anche questo crea dipendenza.
C’è un identikit del giocatore?
In media hanno 40 anni: il 70% uomini, il 30% donne, di tutte le fasce sociali, nessuna esclusa. Io vedo tante storie. Ci sono la casalinga con la pensione sociale di 480 euro che vince 100mila euro al Gratta e vinci e nel giro di 5-6 mesi non riesce più a fare la spesa, il dirigente costretto a vendere l’appartamento per pagare i debiti contratti con il Gratta e vinci, l’industriale che provoca il fallimento della propria azienda con il gioco delle Slot, il professionista che dopo aver giocato tutto vende l’oro dei suoi bambini, il ristoratore che si rovina con il calcioscommesse mandando all’aria sacrifici e lavoro di una vita della famiglia, la donna che arriva a prostituirsi dentro le sale giochi, in bagno, per procurarsi i soldi per continuare a giocare. E ancora l’insegnante distrutto dal gioco online, con il telefonino, senza essere mai entrato in una sala giochi. E la pensionata che brucia la pensione in pochi giorni.
Se ne può uscire? E in quanto tempo?
Se ne esce. Ma si deve riconoscere il problema e rivolgersi ai nostri servizi, che sono gratuiti. Il Ser.D. della Asl di Pescara, in ospedale, risponde al numero 0854253492. Non c’è bisogno di prenotazione e neppure di pagare il ticket. Al momento abbiamo 150 pazienti e in città stimiamo 1.500 giocatori patologici. Servono dai 5 agli 8 mesi circa di psicoterapia, ma il primo passo è prendere coscienza. Dicono tutti di stare bene ma in realtà non controllano più gli impulsi.
Cosa dice ai ragazzi?
A loro spieghiamo qual è il rischio che si corre. Perché il 95 per cento delle persone comincia a giocare dopo una vincita casuale, senza aver mai giocato prima. Mettono un euro in una slot, vincono 100 euro e da lì si rovinano. Vuol dire che non hanno gli strumenti per capire cosa sta accadendo. Quindi bisogna stare attenti a queste situazioni, essere pronti a reagire. Serve la prevenzione, anche se i risultati non sono immediati, ma in Italia se ne fa poca. Per quanto ci riguarda sono stati destinati alla Asl 220mila euro per impiegare personale da destinare a questo fenomeno, con psicologi e medici.
©RIPRODUZIONE RISERVATA