PESCARA

Giudici contro D'Alfonso: "Ingiustificate aggressioni a un magistrato"

La giunta abruzzese dell'Associazione nazionale magistrati punta il dito contro il parlamentare per le esternazioni sui social

PESCARA. La giunta abruzzese dell'Associazione nazionale magistrati (Anm) esprime "profonda preoccupazione" per una vicenda avvenuta nelle scorse settimane, che "ha visto come obiettivo, suo malgrado, Andrea Di Giovanni, magistrato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pescara", vittima di "ingiustificate aggressioni" da parte del deputato Luciano D'Alfonso (Pd), che sui social ha rilasciato dichiarazioni "su più vicende giudiziarie in fase di indagini preliminari oppure nelle quali è stata esercitata l'azione penale ovvero è in corso l'istruttoria dibattimentale".

Secondo l'Anm, il parlamentare, "descrivendo il dottor Di Giovanni con soprannomi, ha adombrato, a tacere dello sgradevole accenno a stanze buie, che lo stesso abbia svolto la propria attività allo scopo di ottenere se non convenienze quantomeno consenso. La Giunta dell'Anm, esprimendo vicinanza e solidarietà ad Andrea Di Giovanni - afferma l'associazione - auspica la fine di tali ingiustificate aggressioni che peraltro si è certi non condizionino in maniera alcuna l'operato dei magistrati".

Il riferimento è a tre video pubblicati a cadenza settimanale sui social da D'Alfonso, che ha diviso in più parti quella che viene definita come "intervista sulle inchieste del Panzer". In un passaggio dell'intervista, che non cita mai esplicitamente Di Giovanni, il deputato parla della "figura che, in ragione di un contratto elevatissimo con lo Stato, delicatissimo come funzione, ritiene di dover stupire, ingigantire, meravigliare, fare in modo di rendersi quasi una infrastruttura della città e della società, spero non per ottenere convenienze, ma per avere consenso".

Alla domanda sull'esistenza di 'stanze buie', D'Alfonso risponde: "Ho sentito parlare di stanze buie, ma preferisco non rispondere a questa domanda. Mi coinvolgerebbe troppo". In un altro passaggio il parlamentare dice di avere "la sensazione che a volte ci siano, come in questo caso, dei pubblici ministeri autocelebrativi, che sono interessati a mettere tutto dentro, come se fosse l'attività di un insaccamento di un cementificio e si evidenzia come l'attività di un insaccatore interessato a ficcare tutto dentro in modo tale che il fascicolo faccia scena". 

LA REPLICA

"L'Anm ha ragione, e non potrebbe essere altrimenti; io, per parte mia, ho esposto le ragioni che mi sono state evidenziate e circostanziate. Nelle mie interviste ho voluto rendere pubblici elementi certi e fatti che meritano di essere noti non solo a una cerchia ristretta ma alla pubblica opinione che ha diritto a essere informata". E' la replica del deputato Pd Luciano D'Alfonso dopo la nota dell'Anm abruzzese.

D'Alfonso ribadisce che "è un fatto che si sia cercato contro l'ordinamento di conoscere il contenuto delle mie conversazioni whatsapp, che io avrei messo volentieri a disposizione se solo mi fosse stato chiesto. E' contro tutto quello che io avrei anche solo immaginato che chi conduce un'indagine abbia voluto professarsi "il solo panzer della Procura", una dichiarazione certamente inopportuna e improbabile. Semmai si potrebbe dire che meno panzer produrrebbero meno panzane in giro".

Il deputato dem conclude affermando che "se fosse gradito un suggerimento, osserverei questo: se chi fa queste dichiarazioni si concentrasse di meno su di sé, sarebbe meno probabile la circolazione di materie coperte da segreto istruttorio. Sulle stanze buie ci sarà modo di precisare nel merito e nel dettaglio, sempre volendo adempiere al dovere di rendere noto tutto quello che ha valore pubblico nella nostra comunità e di difendere così le stesse istituzioni democratiche, inclusa la magistratura, nei confronti della quale esprimo il rispetto doveroso e convinto di sincero democratico".