Giudici di pace, stavolta lo sciopero dura un mese 

Scatta la protesta contro la riforma della magistratura onoraria nel 2021 «Senza diritti, non parteciperemo all'inaugurazione dell’anno giudiziario»

PESCARA . Migliaia di fascicoli in Abruzzo, un milione e mezzo in tutta Italia, rischiano di bloccarsi per quattro settimane nei tribunali per lo sciopero dei giudici di pace, che prende il via l’8 gennaio e si conclude il 4 febbraio.
A scatenare la protesta dei giudici non togati è la riforma della magistratura ordinaria. Una riforma, dicono il presidente nazionale dell’Unione nazionale giudici di pace (Unagipa), Maria Flora Di Giovanni, e il segretario Alberto Rossi, non compatibile con l’ordinamento comunitario e costituzionale. Sempre in segno di protesta i giudici di pace non parteciperanno all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2018. Durante il mese di sciopero, sarà garantita la tenuta di una sola udienza a settimana.
«Malgrado gli scioperi che si protraggono da oltre un anno e la nostra apertura al dialogo», dicono Di Giovanni e Rossi, « il Governo ancora in carica, e in particolare il ministro Andrea Orlando, non hanno preso le misure necessarie per rendere la riforma della magistratura onoraria compatibile con l'ordinamento comunitario e costituzionale, provvedendo ad accollarsi gli oneri contributivi e ad adeguare gli stipendi dei magistrati di pace in osservanza del principio comunitario di non discriminazione».
In Abruzzo gli uffici dei giudici di Pace si trovano Atri, Avezzano, Casalbordino, Castel di Sangro, Chieti, Gissi, Guardiagrele, L’Aquila, Lanciano, Penne, Pescara, Pescara Pescina, Sulmona, Teramo e Vasto.
«Peraltro», aggiungono il presidente e il segretario di Unigipa, «in violazione della delega ricevuta da Parlamento, il Governo non ha ancora regolamentato i trasferimenti e sta per avviare nuovi concorsi senza che neppure siano state rideterminate le piante organiche degli uffici». Una politica, sottolineano, «non solo lesiva di tutti i diritti dei giudici di pace e dei magistrati onorari, ma che ha già causato negli ultimi mesi preoccupanti crolli di produttività negli uffici giudiziari di primo grado, trend negativo destinato ad accentuarsi nei mesi a venire laddove il Governo non assuma immediatamente, come imposto dalla legge delega vigente, i dovuti correttivi al nefasto decreto legislativo di riforma approvato nel luglio scorso e duramente osteggiato dalla categoria».
Lo sciopero, in realtà, viene ripetuto mensilmente da un paio di anni, da quando si è bloccato il confronto del tavolo tecnico aperto sulla riforma della magistratura onoraria, che dovrebbe entrare in vigore dal 2021. «I giudici di pace», spiega Maria Flora Di Giovanni, «avranno una competenza quasi totale su tutto il primo grado del procedimento civile. Ci verranno affidate molte competenze che oggi sono in carico ai tribunali. A fronte di questo, tutte le istanze avanzate dalla categoria sono state denegate. Non abbiamo alcuna garanzia, né previdenza, né forma assistenza tipica dei lavoratori, tanto meno una retribuzione adeguata. Veniamo pagati a cottimo, con compenso irrisorio., che al netto di tutto ammonta a circa 25 euro a fascicolo». Una situazione non più sostenibile, soprattutto in vista dell’aumento delle competenze e dei carichi di lavoro. I giudici di pace, conclude Di Giovanni, sono pronti ad accettare la sfida e non contestiamo che il legislatore abbia voluto devolvere loro nuove competenze, ma chiedono le stesse tutele riservate ad altri lavoratori dello Stato. In attesa che sulla questione si pronuncia la corte di giustizia europea. (a.bag.)