HOT LAVA

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Mi guardano giocare e si stupiscono. "è un fenomeno".

Io sono un ragazzino di dodici anni e mezzo e ci penso poco. Certo mi accorgo che qui al circolo ormai stentano a trovare un avversario del mio livello. Vincere facile mi diverte sempre meno. Mia mamma mi ha portato qui le prima volte quando avevo sei anni, adesso le dicono che per crescere dovrei andare via, lontano.

Nei suoi occhi e nei discorsi che fa vedo che comincia a convincersene anche lei, mi sento turbato. Mi alleno a due passi dal mare, non ho mai respirato un'aria diversa, non ho ancora tredici anni. Partecipo ad un importante torneo juniores e arrivo fino alle semifinali, qualche giorno dopo un giornalista esperto scrive che sono destinato a entrare nei top ten e magari più avanti, in quarant'anni non ha mai visto nessun ragazzino col mio talento.

Tutti parlano di me e del mio tennis. "La palla fa un rumore sconosciuto quando esce dalle sue corde", "Potrebbe giocare quattro smorzate in fila senza sbagliarne mai una."

Vengono a vedermi, qui nel mio circolo sul mare, sono sempre più insistenti. "Mamma io voglio rimanere a casa con i miei amici". Ma so che è solo questione di tempo.

In televisione guardo il mio idolo Andre Agassi. Ha qualche anno più di me e mi piace da matti.

Ha dei capelli lunghissimi di tre colori diversi e indossa jeans strappati con sotto degli scaldamuscoli rosa, o meglio hot lava come li ha definiti lui. È un vero e proprio mito e gioca da Dio. Da qualche parte ho letto che da piccolo suo papà lo faceva allenare come un dannato facendogli colpire migliaia di palline al giorno e ad un certo punto anche lui è dovuto andare via da casa per diventare il numero uno. Questo mi da un po' di coraggio, ma io voglio diventare il numero uno? Voglio continuare a giocare tennis?

Parto in una mattinata di sole, piccoli riflessi di luce sul mare calmo, verde, blu, di tutti i colori. Guardo le barche ormeggiate nel porto, guardo mia madre, non guardo più nulla, mi caricano in macchina e guidano veloce verso il nord, è la mia prima salita.

Sono tutti in piedi ad applaudirlo, sugli spalti la gente sembra commossa e anch'io lo sono davanti alla tv, è la fine di una carriera grandiosa. Sul suo viso non c'è più niente di quel ragazzino anticonformista che aveva i capelli lunghi e vestiva hot lava. A dire il vero di capelli non se ne vede più nessuno e la sua maglietta è bianca, come le nuvole quando non piove. Ma io gli voglio bene e lo ammiro come allora, ha vinto tutto ed è stato numero uno al mondo, però io lo vedo ancora ragazzo, con l'orecchino e la bandana, costretto ad abbandonare casa sua per raggiungere la vetta.

Mi chiedo se ora lui sa chi è, se ha trovato delle risposte nella vita, io non le ho mai trovate. Mi avevano detto che anche dove sarei andato ad allenarmi c'era il mare, ma c'era solo ghiaia. Di me parlano ancora moltissime persone, non sui giornali però, sui blog e nei circoli di provincia. Qualcuno fa ancora molti chilometri per vedermi giocare qualche partita, anche se non ho mai partecipato a Wimbledon o agli U.S. Open.

"Era il più grande talento del tennis italiano, peccato che si sia perso". "Non si può dire che tipo di giocatore sia, fa tutto quello che si può fare su un campo da tennis". "Gli voglio bene, diverse volte da ragazzino l'ho visto battere con facilità gente che poi è entrata nei primi cento del mondo".

"Valeva i primi cinque al mondo, ma non si è mai allenato, il solo talento non basta per sfondare tra i professionisti". "Fumava quaranta sigarette al giorno e spesso ne fumava una durante il riscaldamento prima del match". "Una volta gli ho visto rispondere ad un servizio ai centottanta all'ora, con una smorzata che è tornata nel suo campo".

"Scusate mi avete incuriosito moltissimo? Qualcuno mi dice il vero motivo per il quale non ha mai sfondato nel tennis che conta?

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