Hotel Rigopiano, i legali del sindaco di Farindola: «L'inchiesta passi alla Procura dell'Aquila»

Gli avvocati Cristiana Valentini, Manieri e Tatozzi: è la Procura competente per il reato più grave di disastro. Poi chiedono alla Procura di Pescara di ascoltare Giovani, diretto superiore di Belmaggio

PESCARA. «Si chiede alla Procura della Repubblica di Pescara, che indaga per omicidio colposo, di declinare la propria competenza in favore di quella della Procura della Repubblica dell'Aquila, competente per il reato più grave di disastro». Con queste parole, affidate ad una nota, i legali Cristiana Valentini, Massimo Manieri e Goffredo Tatozzi, difensori del sindaco di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta, del tecnico comunale Enrico Colangeli e del Comune di Farindola, presentano istanza alla Procura di Pescara affinché tutte le indagini sul disastro dell'Hotel Rigopiano passino alla Procura dell'Aquila. «È proprio a L'Aquila, infatti - scrivono gli avvocati - che si sono realizzate le condotte del reato più grave di disastro. Tale competenza - aggiungono Valentini, Manieri e Tatozzi - attrae anche la cognizione dei reati di omicidio colposo».

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ll 12 maggio scorso i tre legali avevano presentato una denuncia, contro la Regione Abruzzo, per «disastro valanghivo doloso», presso la Procura dell'Aquila. Al centro della denuncia, la mancata realizzazione della Carta di Localizzazione dei Pericoli da valanga (Clpv), che, a giudizio della difesa di Lacchetta e Colangeli, e del Comune di Farindola, «la Regione Abruzzo era tenuta a realizzare sulla base della legge 170 del marzo 2014» e che, sempre secondo i tre legali, «se fosse stata realizzata, avrebbe evitato il disastro costato la vita a 29 persone». La Procura di Pescara, invece, è titolare dell'inchiesta per omicidio colposo plurimo, lesioni colpose plurime e atti omissivi in materia di sicurezza del lavoro, che vede indagati Lacchetta e Colangeli, insieme al presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, al direttore dell'albergo Bruno Di Tommaso e ai due funzionari della Provincia Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio. I tre avvocati chiedono che l'intera inchiesta passi a L'Aquila, esprimendo i propri timori per un possibile conflitto di competenze tra Procure. «Si apprende che la Procura della Repubblica dell'Aquila ha ritenuto di dover trasmettere il fascicolo aperto dopo la denuncia presentata dagli scriventi il 12 maggio, alla Procura di Pescara, in quanto Procura attualmente procedente sui fatti di Rigopiano - rilevano Valentini, Manieri e Tatozzi - Al fine di evitare futuri conflitti di competenza, con inevitabile ritardo nell'accertamento di reati così gravi, i sottoscritti difensori hanno presentato alla Procura di Pescara una istanza volta alla risoluzione del potenziale futuro conflitto».

«Dopo l'ascolto e l'analisi delle dichiarazioni rese dal funzionario responsabile dell'Ufficio Rischio Neve e Valanghe, è emersa evidente la necessità di sentire il diretto superiore del dottor Belmaggio all'epoca dei fatti. Si tratta, in effetti, del secondo livello di responsabilità per la realizzazione della Carta delle Valanghe (Clpv)». I legali Cristiana Valentini, Massimo Manieri e Goffredo Tatozzi, difensori del sindaco Lacchetta, del tecnico Colangeli e del Comune di Farindola, fanno sapere di avere presentato formale richiesta alla Procura di Pescara, affinché sia ascoltato davanti al pm Andrea Papalia, nell'ambito dell'inchiesta sul disastro dell'Hotel Rigopiano, l'ingegnere Carlo Giovani, all'epoca dei fatti dirigente del Servizio prevenzione rischi della Protezione civile, che raccoglie tutti gli uffici, tra i quali quello di cui era responsabile lo stesso Belmaggio. Belmaggio era stato ascoltato lunedì scorso su richiesta dei legali di Lacchetta e Colangeli, per riferire sulla mancata realizzazione della Carta di Localizzazione dei Pericoli da valanga che, a giudizio degli avvocati, «la Regione Abruzzo era tenuta a realizzare sulla base della legge 170 del marzo 2014» e che, sempre secondo i legali, «se fosse stata realizzata, avrebbe evitato il disastro costato la vita a 29 persone». Secondo fonti bene informate, nel corso dell'audizione Belmaggio avrebbe affermato che c'erano poche risorse disponibili e che lui era un semplice sottoposto, indicando nell'ufficio a quel tempo presieduto da Giovani l'organo di interfaccia con l'elemento politico. Pochi giorni dopo il disastro dell'Hotel Rigopiano, Belmaggio è stato promosso e chiamato a sostituire proprio Giovani. «Il dirigente in questione era stato già convocato in data 11 febbraio dai sottoscritti difensori, ritenendolo persona certamente informata di fatti oggettivamente rilevanti per l'accertamento delle responsabilità della tragedia di Rigopiano - ricordano infine i tre avvocati -. Si è però rifiutato di rispondere all'invito».