Hotel Rigopiano, il procuratore: «Un'inchiesta con tre fronti di indagine»

Comunicazioni, viabilità e rischio valanghe ignorato: il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini conferma di aver aperto un fascicolo per disastro colposo e omicidio plurimo sul disastro di Farindola, mentre nel pomeriggio viene recuperato il corpo di una donna. Il Conapo chiede al ministro dell'Interno di accertare perchè la prima notte furono mandati all'albergo solo 25 vigili del fuoco. E il Forum dell'Acqua: «Hotel costruito sui detriti in una zona a rischio»

PESCARA. Sale a sette il bilancio delle vittime della valanga che mercoledì scorso ha travolto l'Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara). Il corpo della donna è stato portato all'obitorio dell'ospedale di Pescara per gli accertamenti e il riconoscimento. In ospedale si attende ancora l'arrivo del cadavere dell'uomo individuato ieri.

L'inchiesta sul disastro e l'omicidio plurimo. Anche se fosse vero che la prima chiamata di soccorso non sia stata presa sul serio, questo non avrebbe compromesso l’efficacia dell’azione dei soccorritori all’hotel Rigopiano, perché il possibile ritardo sarebbe comunque contenuto: «Al massimo balla un’ora», «questo voglio chiarirlo subito». Lo ha detto il procuratore aggiunto di Pescara Cristina Tedeschini, nel corso della prima conferenza stampa convocata oggi a Palazzo di Giustizia per fare il punto sull’indagine. Concede che possa esserci stata «una serie di disfuzioni e magari di ritardi da parte della sala operativa nel recepire l’importanza di una segnalazione da parte di un soggetto non istituzionale». Il riferimento è a Quintino Marcella, professore dell’Istituto professionale alberghiero De Cecco di Pescara, il primo a dare l’allarme. Ma «che questo - puntualizza - possa aver avuto una qualunque conseguenza causale sulla efficacia dell’azione di soccorso, è da vedere. Al massimo balla un’ora. Avete visto tutti quanto tempo ci vuole per arrivare lì».  «Ho ricevuto una chiamata via Whatsapp - ha spiegato ieri lo stesso Marcella nel corso ieri di una trasmissione televisiva - da Giampiero Parete, che conosco da anni, che mi ha detto che l’hotel era stato spazzato via da una slavina e ho subito cercato di chiamare le forze dell’ordine per dare l’allarme. Per prima cosa ho chiamato il 113 a cui ho spiegato che la situazione era tragica. Erano circa le 17.30 o le 18. Mi hanno passato la centrale operativa, dove un agente mi ha assicurato che all’hotel Rigopiano non era successo niente».

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Un allarme ignorato o sottovalutato. L’altro elemento su cui si concentra l’attenzione è quella dell’email che Bruno Di Tommaso, amministratore unico dell’hotel ha inviato prima del disastro, segnalando il pericolo. «Tutta questa vicenda la conosciamo - ha detto Tedeschini - la stiamo lavorando e ritengo che entro la giornata sarà completamente acquisita alla mia indagine».  Ma anche in questo, caso, è tutto da dimostrare, è la posizione del magistrato, che la sottovalutazione di questa comunicazione possa aver prodotto degli effetti sui soccorsi. «Il tema delle comunicazioni, via telefono, email, Whatsapp o de visu è uno dei temi importanti. Con ogni probabilità un certo numero di interlocuzioni è stato inefficace, ci sono state delle interferenze. Non tutte le inefficienze però sembrano causalmente rilevanti».  Al contrario, se dalle indagini «dovesse emergere che era stata ordinata l’evacuazione e questo ordine non è stato dato da chi avrebbe dovuto darlo, allora si potrebbe parlare di responsabilità penale. Tutta questa vicenda - aggiunge il procuratore - apre tanti tavoli di valutazione di responsabilità, il mio è solo quello penale».  Non ci sta Alessio Feniello, padre di Stefano, giovane che è ancora sotto le macerie: «Francesca con la luce del telefonino illuminava il braccio di mio figlio. Lo chiamava ma non rispondeva, sentiva solo che si lamentava», racconta parlando della fidanzata del giovane. «Quando sono arrivati i soccorsi - continua - lei è stata invitata ad avvicinarsi al buco. Non sono scesi, hanno fatto un buco dove era l’altra coppia. Lei si è dovuta avvicinare a quel buco. È uscita dicendo "il mio ragazzo è sotto". Ho chiesto "Siete scesi sotto dove c’era l’altra persona?". Mi hanno risposto "non lo so". Presumo che sia mio figlio, e presumo che se c’era un filo di speranza ora non ci sia più». Al momento il fascicolo aperto è un uno solo: «È un unico contenitore - spiega il magistrato - nel quale stanno confluendo tutti gli elementi informativi. Le ipotesi sono disastro colposo e omicidio plurimo colposo». Questo include le informazioni relative alla viabilità nelle ore intorno al disastro, e alla formazione e caduta della slavina. «Non è un lavoro geniale o originale. Non è che chi indaga possa avere qualche idea diversa particolare. Anzi io seguo il vostro lavoro con interesse», sottolinea la pm rivolgendosi ai cronisti, aggiungendo che da lì attinge «molti spunti». Un altro spunto viene dato dallo stesso Feniello, che la sera di mercoledì 18 ottobre era insieme al padre di Francesca Bronzi (fidanzata del figlio) dietro la colonna di soccorso partita da Pescara per Rigopiano: «La turbina si è fermata due volte e non perchè era rotta, ma perchè non c'era il gasolio». La Tedeschini ha concluso la conferenza stampa assicurando che sulla tragedia di Rigopiano «saranno valutati diversi tavoli di responsabilità»: comunicazioni, viabilità, ma anche permessi di costruire e eventuale rischio valanghe sottovalutato. «La valutazione se l’albergo poteva stare lì o meno inevitabilmente farà parte di questa inchiesta», ha detto il procuratore, che a proposito dei bollettini meteo ha detto che Meteomont (servizio nazionale di prevenzione neve e valanghe), «aveva cominciato a dare un rischio valanga estremamente elevato già da 3 o 4 giorni prima dell’evento». In merito al fatto che il sindaco di Farindola ha dichiarato di non aver ricevuto alcun bollettino, il procuratore ha aggiunto: «Meteomont ha sempre funzionato regolarmente, mandando i suoi bollettini a chi doveva mandarli». Il procuratore Tedeschini ha concluso la conferenza stampa invitando i giornalisti per un aggiornamento da tenersi mercoledì prossimo, 25 gennaio, alle ore 15 sempre al Palazzo di Giustizia di Pescara.

Accertamenti sui Vigili del fuoco lasciati soli. All’attacco va il Conapo, il sindacato autonomo dei vigili del fuoco. «I nostri colleghi - scrive il segretario generale Antonio Brizzi - ci hanno telefonato inferociti perché nella nottata tra il 21 e il 22 gennaio sono stati lasciati solo 25 vigili del fuoco ad operare all’Hotel Rigopiano nonostante le 24 persone ancora disperse. E molti di quei pompieri erano all’hotel sin da giovedi 19, il primo giorno, esausti, alcuni hanno dovuto indossare calzature e guanti propri perché quelli in dotazione non erano adatti al gelo».  «Su uno scenario del genere - prosegue Brizzi - mi sarei aspettato che il ministero dell’Interno inviasse almeno 200 vigili del fuoco nelle immediate adiacenze dell’Hotel, per una azione massiccia e fulminea, tenuto conto anche della necessità di dare continui cambi a chi, di volta in volta, si trovi ad essere esausto, altro che lasciarne solo 25 di notte, un numero inadatto e irrisorio, quei colleghi sono degli eroi, i salvataggi sono stati possibili grazie alla loro tenacia. Perciò - annuncia - chiedo direttamente al ministro dell’Interno Minniti e al capo dipartimento dei vigili del fuoco Frattasi un immediato accertamento dei fatti».

Forum dell'acqua: Hotel costruito sui detriti. «In Abruzzo sono decenni che rischi noti vengono ignorati. Per l’area del Rigopiano la prima mappa elaborata dalla Regione Abruzzo che segnalava criticità importanti è del periodo 1989-1991 ed è stata ripresa tal quale e, quindi, confermata dalla Giunta regionale abruzzese con tanto di delibera il 27/12/2007, la n.1383, con cui è stato adottato il Piano di Assetto Idrogeologico». Lo afferma il
Forum H20. «Le due carte ufficiali - sostiene l’associazione ambientalista in una nota - mostrano inequivocabilmente che l’hotel Rigopiano è costruito al centro di un’area con colate detritiche, dette conoidi. Sorge, cioè, su un’area rialzata formata proprio dai detriti che arrivano giù dal canalone a monte dell’albergo. Il fatto che ci fosse una struttura preesistente non vuol dire granchè perchè i tempi di ritorno di questi fenomeni estremi possono essere più lunghi di qualche decina di anni. Un po' come avviene per le piene dei fiumi, ci sono gli eventi che mediamente avvengono ogni 50 anni, quelli più importanti che avvengono ogni 100 anni e poi quelli estremi che possono avvenire ogni 500 anni e che raggiungono aree che sembravano ai non addetti ai lavori tranquille. Le carte del rischio tengono appunto conto di questa periodicità perimetrando aree sempre più vaste al crescere del tempo di ritorno. I geologi identificano le aree di rischio non solo attraverso gli eventi già noti, riportati nel catasto di frane e valanghe, ma anche e soprattutto basandosi su alcune caratteristiche specifiche del terreno cui ricollegano il tipo di eventi che può verificarsi. E lì - sostiene il Forum H20 - questi segnali dovevano essere evidentissimi, tanto che da decenni sono evidenziati sulle mappe ufficiali. D’altro lato - prosegue la nota - senza conoscere queste carte che oggi divulghiamo, solo interpretando le foto aeree, in questi giorni questo processo lo hanno spiegato benissimo diversi geologi. Ora abbiamo anche le mappe che dicono che gli enti avevano almeno gli elementi conoscitivi. Insomma, al momento della ristrutturazione principale avvenuta circa dieci anni fa, che ha ampliato le capacità ricettive della struttura e quindi il rischio intrinseco, c’erano tutti gli elementi, sia sul terreno, sia nelle carte, per accorgersi dei problemi. Negli atti del procedimento amministrativo della ristrutturazione dell’albergo sarà interessante verificare cosa vi è scritto, visto che il Decreto 11/03/1988 dal titolo evocativo "Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione. Istruzioni per l’applicazione" obbliga a rilevare anche questi aspetti ed evidenziarne i potenziali effetti. Purtroppo, però - rileva l’associazione - nel quadro risalta anche la gravissima omissione della Regione Abruzzo che si era dotata di una legge sulle valanghe 25 anni fa, la n. 47/1992, in cui si prevedeva l’inedificabilità per le aree a rischio potenziale di caduta e la chiusura invernale delle strutture preesistenti in caso di pericolo. La mappa in 25 anni non è stata mai redatta. I documenti sono lì, sul sito Web della Regione, disponibili a tutti, li abbiamo trovati in pochi minuti. Basta voler cercare. Volevamo aspettare qualche giorno per rispetto per le vittime e i soccorritori, sperando in ulteriori salvataggi, ma con l’inchiesta della Procura è bene divulgare questa documentazione. Ovviamente - fa infine sapere il Forum H2O - in queste ore stiamo predisponendo note ufficiali con tutti i particolari».