I corpi portati a Teramo Parenti colti da malore

Non sapevano delle due morti, una donna sviene mentre l’elicottero atterra Gli amici sconvolti: «Con la scomparsa di Enrico perdiamo un maestro»

TERAMO. I parenti degli alpinisti si sono precipitati all’ospedale di Teramo appena saputo dell’incidente sul Brancastello. Per un lungo periodo le notizie sono state frammentarie e imprecise, per cui si pensava che ci fosse una sola vittima - di cui non si conoscevano le generalità - e un ferito.
L’arrivo al Mazzini di alcuni parenti di Enrico Faiani è coinciso con l’atterraggio dell’elicottero che trasportava la sua salma. I parenti, ancora inconsapevoli della tragedia che li aveva colpiti, si sono avvicinati ai soccorritori sull’elisuperficie e hanno scoperto l’amara verità. Una donna è svenuta, subito soccorsa da alcuni volontari, un’altra ha avuto un malore ed è stata portata al vicino pronto soccorso. Nel corso della giornata decine e decine di persone hanno affollato l’obitorio del Mazzini, anche se nessuno ha potuto pregare davanti alle salme.
«Con la scomparsa di Enrico il Cai di Castelli e noi associati perdiamo il nostro maestro di vita e di montagna», afferma Marino Di Claudio, presidente del Cai Castelli che Faiani aveva contribuito a fondare, e che conta un centinaio di iscritti e più di 250 con la sezione di Arsita, «la montagna era parte della sua vita ed Enrico era esperto, sempre attento, prudente e a noi ha insegnato tutto». Non è un caso se Faiani ha anche aperto una via alpinistica sul Camicia. «Anche Francesco era molto appassionato di montagna, «ricorda Manolo Pierannunzio del Cai di Arsita, «era molto presente in Val Fino, sempre gentile. Una persona davvero perbene».
Ad arrivare affranti alla camera mortuaria c’erano i parenti, gli amici, gli amanti della montagna, alcuni tecnici del Soccorso alpino colleghi di quelli che sono intervenuti sul luogo dell’incidente.
Sono stati due pilastri del Soccorso alpino teramano a gestire l’intervento, il capostazione di Teramo Gino Perini e il rifugista Arnaldo Di Crescenzo, oltre al personale dell’elisoccorso del 118 dell’Aquila.
«Il Vallone di San Pietro», spiega Perini, «è un cono valanghivo che in questo periodo si può affrontare con gli sci o con ramponi e piccozza, come stavano facendo i cinque alpinisti. Non ha una rilevante difficoltà ma le condizioni meteo degli ultimi giorni hanno creato una situazione particolare. Due giorni prima c’erano 24 gradi a valle e in quota l’aria calda aveva sciolto la neve, poi si sono riabbassate le temperature e la scorsa notte, a quota 2.500 si è arrivati anche a -7°. Si è sostanzialmente creata un’enorme lastra di ghiaccio che ha aumento la difficoltà dell’ascesa in maniera esponenziale». I cinque quando è avvenuto l’incidente stavano affrontando la parte con maggior pendenza, un itinerario tecnico composto da un dedalo di canali, più o meno grandi, piuttosto impegnativi. (a.f.)
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