A-24 e A-25, i viadotti a rischio finiscono in procura

Sono 107. Con il Codacons che presenta un esposto. Sulla base del nostro servizio. Mentre spunta una lettera di D’Alfonso a Delrio

PESCARA. Voltare le spalle e fare finta di nulla non è più possibile. Sono 107 i viadotti a rischio dell’A24 e l’A25. Il servizio giornalistico e le fotografie pubblicati ieri dal Centro hanno messo in luce il grave problema dell’insicurezza delle nostre autostrade. Gli automobilisti rischiano. E ci si chiede: chi è responsabile dei ritardi dei lavori? Chi deve intervenire tra ministero delle Infrastrutture, Anas e Strada dei Parchi? E, nel caso davvero malaugurato di un crollo, chi ne risponderebbe penalmente e civilmente?

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Domande senza risposte. Ecco le domande sul tappeto. Che un po’ tutti cominciano a farsi in Abruzzo e non solo. Ed è proprio per questo che voltare le spalle a questo punto non è più possibile. Soprattutto dopo aver visto le immagini di quei giunti sollevati e quei supporti antisismici spaccati. Immagini che, ecco la prima novità, hanno spinto il Codacons, l’associazione dei consumatori, a presentare un esposto in procura. Allegando naturalmente alla denuncia le due pagine del Centro con le foto choc dei viadotti a rischio. Mentre la politica (vedere l’articolo a fianco) sembra orientata ad attribuire le responsabilità dei ritardi al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. E quindi al ministro Graziano Del Rio. Che, inevitabilmente, sarà chiamato a fornire risposte agli interrogativi che continuano ad essere sollevati in Parlamento e fuori. Quasi tutti con una preoccupazione: tutelare la sicurezza degli automobilisti.

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Ministero a fondo. Intanto il Centro va avanti con la sua inchiesta. Portando alla luce fatti e numeri di una vicenda inquietante che si trascina da troppo tempo. Sono per esempio addirittura 327 gli interventi necessari per mettere in sicurezza i viadotti delle due autostrade gestite dalla concessionaria Strada dei Parchi. Che non a caso è ricorsa al Tar contro il ministero per sbloccare i fondi. 107 viadotti, di cui 64 relativi all’A24 (la Roma-L’Aquila-Teramo) e 43 all’A25 (la Torano-Pescara).
Numeri enormi. Da record. Che cominciano a delineare meglio la dimensione del rischio e delle risorse necessarie per porvi riparo. Numeri che, il 19 aprile scorso, ecco un’altra novità importante scoperta dal Centro, hanno spinto il presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, a scrivere al ministro Delrio, al capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio e ai quattro prefetti delle province abruzzesi.
Nella lettera del governatore, senza tanti giri di parole, si paventa addirittura il rischio, anche in Abruzzo, di tragedie come quella che, il 9 marzo scorso, è costata la vita a moglie e marito, che viaggiavano nell’auto schiacciata dal ponte di Camerano, sull’A14. Quel ponte è crollato. Come potrebbero cadere pezzi anche dai viadotti delle autostrade che collegano Roma a L’Aquila e Pescara.
«Caro Graziano... «Signor Ministro, caro Graziano», comincia così la lettera di D’Alfonso a Delrio. Un collega di partito, ma anche un interlocutore duro nella vicenda viadotti. Questi i passaggi chiave della missiva: «Le ulteriori sollecitazioni sismiche intervenute (le scosse di agosto e ottobre del 2016, ndr) hanno contribuito a determinare un peggioramento della citata problematica della strada provocando dislivelli nella pavimentazione dei viadotti». E poi: «In considerazione dell'elevato rischio sismico che insiste nell'area di interesse nonché delle numerose e ripetute segnalazioni degli utenti in relazione al rischio percepito, è necessario intervenire tempestivamente, compiutamente per la messa in sicurezza dei viadotti». Ancora: «Per queste ragioni, chiedo di verificare la conclusione dell'istruttoria propedeutica all'avvio dei suddetti lavori non più rinviabili alla luce di tutto ciò che sta accadendo in corrispondenza di numerose articolazioni del patrimonio infrastrutturale italiano». Cioè alla tragedia di Camerano.
A colpi di canoni. Cosa è successo dopo l’invio della lettera? Niente, anzi la situazione si è ulteriormente ingarbugliata. Il ministero delle Infrastrutture (Mit) non ha sbloccato i fondi (200 milioni depositati in banche come accantonamento per i canoni di concessione), tanto che Strada dei Parchi ha deciso di ricorrere al Tar. Mentre, nel frattempo e con gli automobilisti che rischiano, Mit e Anas si contendono aspramente i soldi.
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