«Il fiume nel locale, così ho salvato il Sea River»

Cicchini, titolare del ristorante sull’acqua a Pescara, racconta la paura dell’esondazione e la forza di rialzarsi: in trenta subito al lavoro per non disdire le prenotazioni

PESCARA. «Mercoledì scorso si sono presentati qui due volontari della Protezione civile per chiedere se avevamo bisogno di aiuto. Li ho guardati e gli ho detto: andate ad aiutare chi sta peggio di noi, ce la facciamo da soli. Il giorno dopo abbiamo riaperto il locale anche se il riscaldamento non funzionava ancora e ci siamo stretti vicino al caminetto: se non l’avessi fatto subito, il Sea River sarebbe rimasto chiuso per mesi». Michele Cicchini è l’anima di uno dei ristoranti più noti della città, il Sea River quasi sospeso sul fiume Pescara. «Quando abbiamo riaperto il ristorante per una festa di compleanno, non ci credevo», dice Cicchini, «soltanto due giorni prima il fiume scorreva ancora dentro al locale». Tra lavorare e piangersi addosso, Cicchini ha scelto la prima strada: «La prima cosa che ho fatto? Comprare decine di paia di stivali. Martedì 3 dicembre, con il fiume ancora gonfio e con quasi un metro d’acqua nel locale, abbiamo già cominciato a pulire: eravamo quasi una trentina. Chi con l’idropulitrice, con le pale, chi con gli spazzoloni: abbiamo fatto quasi un miracolo».

Cicchini, seduto su uno dei divani gialli del Sea river appena lavati, ripercorre i suoi giorni più lunghi: «Lunedì mattina presto, il 2 dicembre scorso, l’acqua ricopriva il pontile. Poi, intorno a mezzogiorno sembrava che il fiume si stesse ritirando ma, dalle 14,30 in poi, il livello ha ripreso a crescere». In un paio d’ore, il fiume è salito di altri due metri: «Quando ho visto che l’acqua stava per arrivare alla veranda del ristorante, ho preso una mazza per rompere i vetri e far defluire l’acqua altrimenti la forza del fiume ci avrebbe spazzato via. In quel momento, è arrivato nel locale il mio amico Daniele Becci, presidente della Camera di commercio: quando ha visto che l’acqua era ormai a un palmo dalle finestre ha preso a gridare contro di me: “Vai via di là, via”, mi diceva. Ma io dovevo rompere per forza quei vetri. In quei momenti», racconta Cicchini con gli occhi che quasi si commuovono, «ti vengono una forza e un coraggio che non pensi neanche di poter avere. Proprio a me che ho sempre avuto paura dell’acqua».

Ma è possibile che il titolare di un’attività sul fiume da 18 anni non sapesse niente dell’allerta meteo? Cicchini parla di avvisi mancati: «Nessuno ci ha avvertito che la piena del fiume sarebbe stata così ingente. Eravamo a conoscenza delle previsioni meteo avverse ma nessuno ci aveva detto che il fiume si sarebbe alzato di oltre tre metri. Se l’avessi saputo prima, forse, sarei riuscito a salvare qualcosa in più. Comunque, non è che di fronte a ogni previsione meteo sfavorevole si può sgomberare il ristorante».

Nel pomeriggio di lunedì, quando il maltempo si è fatto emergenza, una barca di oltre 15 metri ha picchiato contro il ristorante: «Eravamo nel locale e, all’improvviso, abbiamo sentito una botta incredibile. Mi sono voltato ed era una barca che stava nel cantiere navale qui accanto, sotto al capannone». Quasi fosse uno scherzo, la barca ha un nome premonitore: «Si chiama Tornado», dice Cicchini.

Al Sea river la conta dei danni è soltanto cominciata: «Ogni momento esce fuori qualcosa di nuovo», afferma il ristoratore, «i primi 6-7 mila euro se ne sono andati senza nemmeno rendermene conto. Per togliere il fango dal parcheggio abbiamo dovuto usare addirittura un bobcat. E pensare che c’è ancora tanto da fare: abbiamo l’impianto elettrico danneggiato, il riscaldamento e l’aria condizionata da sostituire, l’acqua ha allagato la cambusa rompendo bottiglie di vino e champagne. Poi, l’acqua ha allagato anche l’ufficio: la gran parte dei documenti è andata distrutta». Insieme a Cicchini c’è l’amico e avvocato Lamberto Di Pentima: «Con l’elenco dei danni», dice il legale, «faremo la nostra richiesta al Comune per ottenere il ristoro». Non ha un’assicurazione Cicchini: «Sono stato assicurato per 12 anni. Poi, la compagnia assicurativa mi ha rifiutato: mi hanno detto che era troppo grosso il rischio di esondazioni. Così, adesso, i danni ricadono tutti su queste spalle».

Quello che è successo dieci giorni fa, era accaduto solo un’altra volta, nel 1992: «Ma io non l’ho visto perché ho preso la gestione nel 1995». Ma nel giro di un mese, l’allarme esondazione è stato lanciato due volte: la prima il 16 novembre scorso anche se il fiume non ha tracimato, con la seconda sono piovuti sulla città con 5 milioni di euro di danni secondo il Comune. «La paura che possa succedere un’altra volta c’è», commenta Cicchini, «come si fa non pensarci dopo quello è successo? E per fortuna che non c’era il vento di libeccio con le onde che spingevano il fiume all’indietro: ci sarebbe stata un’inondazione ancora più grave».

In tre giorni di lavoro, da martedì a giovedì scorso, il Sea river è tornato aperto: a guardarlo adesso sembra che non sia successo niente. «Ma guardi il caminetto senza più la fuliggine, si vede il livello raggiunto dall’acqua», indica Cicchini, «per risollevarci abbiamo fatto di tutto ma dopo quei tre giorni sono crollato».

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