«Il mio calcio, spettacolare e vincente»

De Cecco racconta il primo anno da presidente e guarda avanti con ottimismo

UN ANNO fantastico quello che si è appena chiuso visto dalla poltrona del presidente di una squadra di calcio che l'ha iniziato in Prima Divisione tra mille problemi e l'ha chiuso ai piani alti della B. Un anno che qualunque presidente vorrebbe vivere. Ma che poi quando lo vivi, finisce che neanche ti accontenti. Perché magari cominci a pensare che, magari, con un attaccante in più e un po' di paura in meno, salire al piano di sopra non è poi così difficile. Un anno che pare uno spot per spingere altri a buttarsi nell'avventura. Perché in fondo, fare calcio può davvero cambiare la vita. Piacevolmente. Vero, presidente Peppe De Cecco?

«Il calcio? È come un casinò. Se hai i soldi, il problema non è mai come entrarci ma capire quand'è ora di uscire. Se no diventa una malattia. E ti fai male».

Ma Peppe De Cecco perché è entrato al casinò, sotto sotto pensa di sbancarlo?
«Ma no, per lo stesso motivo per cui ci vanno tutti. Per dimostrare qualcosa a se stesso ma anche agli altri. Anche di essere ricco, perché no? Ma con un progetto di società e un'idea di calcio da sviluppare».

Quindi, tutto programmato, il fallimento ha solo offerto l'occasione.
«Sì, ci pensavo da tempo. Lo sanno tutti. Poggio degli Ulivi è nato per il Pescara, mica per l'Angolana».

E che Pescara c'era nel progetto?
«Una società come quella che abbiasmo realizzato, io credo nella proprietà frazionata, una formula sempre più diffusa, dalla Spagna all'Inghilterra. E adesso ce la stanno copiando anche a Bologna. Abbiamo messo su un bel gruppo, tutta gente che lavora forte, che merita di essere gratificata dalla città».

Più manager meno padroni, insomma?
«La società di calcio oggi richiede un impegno importante, che nessuno può sopportare troppo a lungo perché se no trascura la sua azienda e se va male quella salta tutto. Io credo che nel calcio ai massimi livelli uno può starci quattro cinque anni, non di più. Per me sarà così, anche per tutelare la pace in famiglia. Scherzi a parte, fare questo lavoro realmente cambia la vita».

Eppure storie di presidenti di lungo corso non mancano di certo.
«Tanti personaggi si sono identificati con le loro squadre. Gente come Anconetani (Pisa) e Rozzi (Ascoli) che vivevano più nel calcio che nelle loro aziende. Oggi sarebbe difficile imitarli, perché il mondo è cambiato. Forse solo Moratti è un po' come loro, ma perché può permetterselo».

E chi potrebbe essere l'erede di Peppe De Cecco?
«Ecco, sarebbe importante che la città producesse ricambi. Ma questo, in realtà mi preoccupa».

Non vede eredi?
«Non ci sono più certi imprenditori o grandi commercianti come Santomo o Pilota, che a suo modo fu un innovatore, disposti a quote di rischio. Ora ci sono "giganti" immobili, che non mettono un euro per la città. L'hanno rovesciata come un calzino, hanno fatto un milione di appartamenti, ma di ridargli qualcosa proprio non gli sfiora».

Se qualcuno pensa a Toto, Di Vincenzo, D'Andrea e via costruendo, non sbaglia?
«No».

Ma non sarà che non conviene più fare il ricco scemo?
«I ricchi sono scemi solo se perdono. Neanche a Moratti lo dicono più adesso che vince. Anche se a mio parere con Benitez è stato frettoloso, bisognava dargli la chance. Poteva produrre buon calcio. L'anno scorso sono arrivati Pandev, Eto'o, Sneijder. Quest'anno Natalino e Cuthino».

Un interista dichiarato che si mette contro Moratti. Non rimpiange Mourinho?
«Mou ci ha fatti tutti felici, rubando (testuale. ndr) la Champions. Lui è un maestro a non far giocare gli altri. Ma il calcio è anche altro. Soprattutto altro. I giocatori di cui ci ricordiamo sempre sono quelli che avevano qualità, le squadre che hanno fatto la storia facevano spettacolo tecnico, non corsa. Qualcuno si chiede perché del mundial dell'82, di Bearzot e Zoff, Conti e Scirea abbiamo ricordo perfino più vivo di quello di quattro anni fa?»

E oggi chi fa il calcio che piace a De Cecco?
«Guardate il Milan e soprattutto il Barcellona. Quelli sono i riferimenti. Il futuro per fortuna non è più dei giocatori che si comprano a chili e metri ma nella qualità. Tornano di moda i tecnici, i brevilinei, quelli che muovono la palla con la fantasia non con la ruspa. Ieri Maradona, Baggio, Rivera, oggi Messi, Iniesta...»

E magari presto Verratti, suo pallino.
«Sì, anche Verratti. Che talento! Se va nel posto giusto, per me Napoli, può diventare grande grande».

Intanto non è che gioca tantissimo
«Di Francesco sa quello che fa. Alla fine i conti torneranno, come al solito, fidatevi».

Lei su Di Francesco ha solo certezze.
«Certo, da quando lo presi per le giovanili, tra i mugugni dei soliti prevenuti. Perché a Pescara da Galeone in poi con gli allenatori il bicchiere è sempre stato mezzo vuoto».

Questa è grossa. La spieghi.
«Reja ha iniziato qui. Stava per portarci in A e la gente al primo errore cantava "Galeone, Gale, Galeone.." E Delio Rossi? De Canio? Stessa storia. A Pescara ne abbiamo bruciati troppi di bravi allenatori».

Forse, ma ai tempi di Galeone De Cecco non ne saltava una, dentro e fuori.
«Certo, mi piace il bel calcio. Ma le società vanno fatte lavorare. Di solito il pubblico ti chiede solo 30enni affermati, va sul sicuro, invece in piazze come questa devi puntare su qualità e giovani».

Serve un buon maestro. Di Francesco?
«Certo, Eusebio, se abbandona quell'aria sempre pensierosa, diventa un grande. Ha i numeri per fare tanta strada credetemi, come l'hanno fatta Allegri e Guardiola».

Ma neanche lui dai giovani arrivati in estate ha cavato granché.
«Lo so. Qualche errore c'è stato. Ma non grave. Abbiamo Capuano, che viene dalle giovanili, anche se quelli prima di noi l'avevano scartato, che sta uscendo bene. C'è Stoian, ora infortunato, che sta crescendo. Maniero? Eusebio ci crede ancora, verrà fuori».

Intanto arriva il "collaudato" Bucchi.
«Sì, e farà molto bene. Ma è come dicevo, la piazza reclama certezze e qualcosa devi concedere. Proverò a cambiarla questa piazza, ma pian piano».

E degli altri, che dice?
«La sorpresa è Cascione, uno da A. Ariatti farà bene, alla fine, vedrete, si rivelerà un acquisto importante. I vecchi? Olivi e Gessa, grandi uomini e professionisti esemplari. Ganci? Chi non ci avrebbe puntato a giugno, dopo i gol promozione? Peccato. Ma vedete, con gli spaghetti se sai cosa ci metti sai come verranno, il calcio è un'altra cosa...»

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