Il Parlamento indaga sui decessi

Orlando e Marino vogliono gli atti, la procura procede per omicidio colposo

PESCARA. Sono quattro le indagini aperte sulle morte di tre neonati prematuri all'ospedale di Pescara uccisi da un'infezione da Serratia, un batterio che si annida tra i rifiuti e nei bagni. Dopo il blitz dei carabinieri del Nas a Neonatologia, ieri, la procura di Pescara ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Ma a chiedere gli atti sui tre neonati morti ci sono anche la Camera dei deputati e il Senato: la commissione d'inchiesta sugli Errori sanitari, presieduta da Leoluca Orlando (Idv) ha scritto al governatore Gianni Chiodi (Pdl) per chiedere «una relazione»; Ignazio Marino del Pd, presidente della commissione d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, ha avviato un'istruttoria dei carabinieri del Nas di Roma.

L'ISTRUTTORIA DA ROMA
«È necessario far luce su quanto accaduto e tutelare i pazienti ancora ricoverati. Per questo», afferma il senatore Marino, «ho chiesto ai carabinieri del Nas in servizio alla commissione di avviare un'istruttoria. La serratia è un batterio che nei neonati, negli anziani, nei pazienti indeboliti da altre malattie o immunologicamente depressi può rappresentare un pericolo assai serio, perciò è necessario sapere, qualora fosse accertato il legame tra i tre decessi e l'infezione da serratia, quali misure siano state prese per interrompere la possibile trasmissione dell'infezione ad altri pazienti». La commissione ha chiesto alla Asl di Pescara «i dati sul numero di parti ogni anno e sulla mortalità materna e neonatale. I risultati dell'istruttoria», assicura Marino, «saranno presentati al prossimo ufficio di presidenza della commissione».

LA LETTERA DI ORLANDO
«La commissione d'inchiesta che presiedo, senza pregiudizio per le indagini in corso da parte dell'autorità giudiziaria», così scrive Orlando a Chiodi, «intende acquisire ogni dato utile a conoscere lo svolgimento dei fatti, sia in merito alle eventuali criticità organizzative riscontrate, che in ordine a iniziative amministrative, sanzionatorie e/o cautelari assunte a fronte di eventuali responsabilità individuali. Questo episodio», prosegue Orlando riferendosi ai tre bambini morti, «riporta l'attenzione su un tema che da mesi è al centro dell'attenzione di questa commissione, ovvero i punti nascita italiani, tema sul quale stiamo elaborando uno studio che incrocia i dati degli assessorati alla Sanità delle regioni italiane con quelli delle procure».

LA PM: OMICIDIO COLPOSO
La pm della procura Mirvana Di Serio ha aperto un'inchiesta sulla morte dei tre neonati: il reato ipotizzato è omicidio colposo e, al momento, non ci sono indagati. Sono in corso accertamenti e a curare l'indagine sono i carabinieri del Nas di Pescara, guidati dal comandante Marcello Sciarappa: i carabinieri hanno ispezionato già le stanze di Neonatologia, al sesto piano dell'ospedale, lo stesso di Geriatria e Malattie infettive.

I CONTROLLI DELLA ASL
Sulla morte dei tre neonati anche la Asl ha avviato un'istruttoria interna: in base a quanto affermato dal direttore sanitario dell'ospedale Valterio Fortunato e dal primario di Neonatologia Carmine D'Incecco, il germe della Serratia è stato isolato su un bambino, nato al nono mese di gravidanza e dal peso di tre chili. Secondo questa versione, il 22 aprile scorso, la Serratia si è propagata da questo primo bambino ad altri quattro neonati e l'infezione è stata scoperta due giorni dopo: il primo bambino e un altro si sono salvati mentre non c'è stato niente da fare per gli altri tre, con un peso tra cinquecento grammi e un chilo

Per il direttore generale della Asl Claudio D'Amario, il batterio è stato trovato anche su un distributore di sapone per medici e infermieri.

Ma come è arrivata la Serratia a Neonatologia? La mamma di uno dei bambini morti ha raccontato al Centro di «scarsa igiene nel reparto», «protezioni ignorate» e di «operai al lavoro nelle stanze dei bimbi per cambiare i filtri dell'aria»: «Noi genitori», questo il suo racconto, «potevamo entrare nelle stanze un'ora al giorno, dalle 18 alle 19, con addosso mascherine, camici e calzari. Prima di entrare, noi dovevamo disinfettarci le mani mentre medici e infermieri indossavano soltanto le loro normali divise da corsia e non si lavavano le mani prima di toccare i bambini: a volte, rispondevano al telefono del reparto e anche ai cellulari che tenevano in tasca. Abbiamo visto garze cadute per terra e rimesse al loro posto».

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