Il Pescara merita la A, ma Pescara richia...

Quelli che la sanno lunga parlano di potere terapeutico del calcio. Una vittoria, un campionato al cardiopalma, una promozione hanno l’effetto di un benefico elettrochoc: basta cattivi pensieri, addio umore nero, il presente si tinge di rosa o per restare a Pescara di biancazzurro. Lo abbiamo sperimentato in questi giorni di scanzonata allegria nel capoluogo adriatico: Pescara promosso in B e già stiamo fantasticando sulla serie A. La città la merita, anche la squadra. Con la testa nel pallone si viaggia veloce.

La promozione di un club gratifica e inorgoglisce un’intera comunità. E’ sano momento di gioia collettiva. La città è tappezzata di manifesti con la gigantesca B. Mettono allegria. Come quei beffardi striscioni dedicati allo sconfitto Verona e alla sua Giulietta di cui i tifosi mettono in discussione le virtù di fedele innamorata dell’eterno Romeo. Ma la facile sociologia finisce qui.
Il calcio è il calcio con le sue regole da mondo a parte. La politica farebbe bene a non metterci troppo becco, avendo ben altri problemi da affrontare. Un sindaco non è un allenatore e la promozione nella serie cadetta non promuove automaticamente un’intera classe dirigente. Luigi Albore Mascia è un tifoso, non l’ha mai nascosto. Si goda dunque questo momento. Poi torni ad occuparsi dei problemi cittadini. Ne ha tanti.

Pescara è città allo sbando; il giudizio va ormai oltre le appartenenze politiche. Un anno fa l’elezione trionfale della nuova giunta di centrodestra; dodici mesi dopo le legittime aspettative di cambiamento si sono spente in un tran tran quotidiano deludente. Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato in cronaca sia le pagelle stilate da alcune personalità cittadine sia i risultati di un sondaggio on line. Emerge un concorde giudizio negativo. Dovrebbe essere motivo di riflessione per la giunta. Non basta trincerarsi dietro la mancanza di fondi quando prevale innanzitutto la carenza di idee.

La proprietà del Pescara si è data tre anni per conquistare la A. Facciamo il tifo affinché questo obiettivo si realizzi anche prima. L’amministrazione comunale di Pescara ha invece ancora quattro anni davanti per non retrocedere tra i dilettanti. Il tifo in questo caso non basta.

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