IL PIÙ GRANDE CANTIERE D’EUROPA

Non sembri blasfemo parlare dell’Aquila come di un immenso cantiere proprio nel giorno in cui si ricordano, con straziante dolore, le 309 vittime del terremoto. A cinque anni da quello che il nostro Giustino Parisse ha definito “l’orrendo scossone”, la città deve trovare la strada di una rinascita che non solo la riporti agli antichi splendori, ma la renda più sicura e sostenibile sotto tutti i punti di vista. Gli aquilani, e gli italiani tutti, lo devono alle nuove generazioni, quelle che cercano un motivo per investire la propria vita nella terra dei padri e dei nonni, senza cedere alla tentazione di andarsene in città non così martoriate dal destino.

Sono stati cinque anni durissimi, dal 6 aprile 2009 a oggi: l’Italia ha vissuto una crisi economica epocale e non ha brillato per generosità. Errori ne sono stati commessi tanti, sia dalla classe dirigente locale, sia da quella nazionale; pure noi dei media abbiamo spesso esagerato nel rimarcare quello che non funzionava (e Dio solo sa quante porcherie abbiamo dovuto raccontare), finendo con l’oscurare quel che invece si faceva di buono e deprimendo ancor di più una popolazione già tanto depressa di suo.

Adesso è tempo di voltar pagina: i cantieri sono partiti, nuove gru spuntano ogni giorno. Negli uffici della ricostruzione sono all’opera 300 giovani di talento, saliti a bordo dopo un concorso finalmente rigoroso. Tutta l’Italia deve cominciare a vivere L’Aquila non come un’afflizione, una spia della propria coscienza sporca, ma come una grande occasione per mostrare al mondo come si può (ri)costruire una città, usando le tecnologie più moderne. Una vetrina della nostra capacità. Se riparte L’Aquila, riparte l’Italia. Lo capisca Matteo Renzi, mettiamocelo nella zucca tutti noi.

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