Il pm: D’Ambrosio e Catena assolti

Processo Fangopoli, chiesta la condanna per Di Vincenzo Sotto accusa lo smaltimento dei rifiuti del depuratore

PESCARA. «Il fatto non sussiste». Con questa formula, ieri al processo Fangopoli, il pm Gennaro Varone ha chiesto l’assoluzione per Giorgio D’Ambrosio, ex presidente dell’Ato e sindaco di Pianella, per Bruno Catena, ex presidente dell’Aca, e per Bartolomeo Di Giovanni, direttore dell’Aca. Con il parere del pm già messo in cassaforte, la difesa degli imputati aspetta il prossimo 10 luglio quando il presidente del collegio giudicante Massimo De Cesare pronuncerà la sentenza sui presunti abusi nella gestione del depuratore di via Raiale a Pescara.

Nel giorno della requisitoria, il pm Varone ha sostenuto che a D’Ambrosio, Catena e Di Giovanni non si può imputare il reato di abuso d’ufficio per il project financing affidato all’impresa di Gianni Di Vincenzo e alla Biofert srl di San Giovanni Teatino, unite in un’associazione temporanea d’impresa per la gestione del depuratore. Insieme a una pioggia di prescrizioni che hanno azzerato i reati ambientali, la procura ha chiesto una condanna a 20 mesi per l’imprenditore Di Vincenzo per traffico illecito di rifiuti e per frode nelle pubbliche fortinute. A Di Giovanni, difeso dagli avvocati Giovanni Di Biase e Giulio Cerceo, la procura contesta lo smaltimento illegale dei fanghi tra il depuratore e l’impianto Biofert di Navelli. Il pm Varone ha chiesto la condanna a 10 mesi anche per Alessandro Antonacci, dirigente tecnico dell’Ente d’ambito pescarese, accusato di turbata libertà degli incanti: secondo la ricostruzione dell’accusa, Antonacci avrebbe distorto «in modo fraudolento» la gara d’appalto da 62 milioni di euro per la gestione ventennale del depuratore allo scopo di favorire l’impresa Di Vincenzo.

Secondo l’inchiesta della forestale, gli ex dirigenti Aca e Ato avrebbero provato a favorire l’affidamento del project financing all’impresa Di Vincenzo. Ma il castello dell’accusa si è sgretolato, sicuramente non poco, davanti alle richieste di assoluzione della procura: le firme degli ex amministratori sugli atti ufficiali non possono dimostrare favoritismi, questa è la linea che è passata in aula. Di qui, la formula del «fatto non sussiste» per D’Ambrosio, difeso da Giuseppe Amicarelli, per Catena, assistito da Ugo Di Silvestre e Sabatino Ciprietti, e per Di Giovani, difeso da Fabrizio Di Carlo.

L’origine di Fangopoli è lontana 6 anni fa quando la forestale si è appostata davanti all’impianto di Navelli per seguire i camion carichi di fanghi provenienti da Pescara. Gli agenti hanno individuato i titolari delle ditte di trasporti coinvolte e indagato su proprietari di aziende agricole scoprendo che quest’ultime sarebbero state al corrente del traffico illegale di fanghi, finiti anche fuori regione. In più occasioni, i fanghi avrebbero preso anche la strada di Marina di Ginosa, nel Tarantino, in un impianto di compostaggio non idoneo. Inoltre, parte dei materiali non trattati sarebbe stata smaltita sui terreni di 2 imprenditori agricoli dell’Aretino, in assenza dei requisiti previsti per l’uso dei fanghi in agricoltura. Per questo, il pm Varone ha chiesto che gli atti siano trasferiti alla procura di Arezzo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA