Pedofilia

Il prete confessò gli abusi su minori all'arcivescovo di Pescara

I coetanei della vittima che ha denunciato il parroco raccontano: ci stordiva con l’alcol, faceva la doccia e ci invitava

PESCARA. E’ all’arcivescovo Tommaso Valentinetti che don Vito Cantò avrebbe fatto una prima ammissione dei presunti abusi su un 15enne: «Parziali ammissioni, solo i palpeggiamenti», riferisce un testimone alla polizia, uno dei tanti che un anno fa Valentinetti ha ascoltato personalmente prima di decidere di allontanare il parroco dalla chiesa di San Camillo de Lellis di Spoltore.

L’arcivescovo, secondo quanto riferito dal testimone, diventerebbe così un teste chiave dell’inchiesta penale che ha coinvolto il sacerdote accusato di abusi su un minore, un testimone che però può avvalersi del segreto del confessionale e non raccontare, quindi, del suo incontro con don Vito.

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La chiesa sta processando il parroco, 42 anni, originario di Cepagatti, e probabilmente all’inizio del 2015 il processo canonico arriverà alla sua conclusione ma, intanto, procedono le indagini della squadra Mobile di Pierfrancesco Muriana che sta cercando di capire se ci siano altre vittime, se l’inchiesta sia più larga.

Sono stati i poliziotti a raccogliere le testimonianze del minore da cui è partita l’inchiesta ma anche dei suoi amici, 15-16enni che non hanno subìto abusi da don Vito ma hanno raccontato in maniera univoca le serate a casa del prete e l’invito che don Vito rivolgeva loro: «Io vado a fare la doccia, lascio la porta aperta: se vuoi, mi puoi raggiungere».

Sono loro i piccoli testimoni dell’inchiesta che vede indagato il prete e in cui sotto traccia corrono «il senso di sporco» e «la paura», i minorenni che si sentono «scossi» perché anche a loro, come hanno raccontato, don Vito si sarebbe «mostrato in accappatoio» o «nudo».

«Mi ha turbato», dice un ragazzino, «al punto che mi sono subito allontanato dal bagno».

La gita a Madrid per la giornata della gioventù. C’è uno schema che don Vito Cantò avrebbe reiterato nel corso degli anni: una serialità di comportamenti – per l’accusa – che il parroco avrebbe usato nei confronti del gruppetto che aveva il permesso di frequentare la sua casa proprio perché i genitori nutrivano fiducia in quel punto di riferimento. La vicinanza al prete inizia nell’agosto 2011, quando i piccoli fedeli vanno a Madrid per la giornata mondiale della gioventù. «Durante la nostra permanenza in Spagna», ha messo a verbale il ragazzo che avrebbe subìto abusi, «ho allacciato un rapporto di amicizia con don Vito». Una volta rientrati in Italia, il parroco avrebbe iniziato a contattare su Facebook il minorenne: «Mi parlava di omosessualità facendo presente che lui aveva avuto queste esperienze e che non bisognava vergognarsi».

«A casa di don Vito». Da qui, secondo le testimonianze anche degli altri ragazzi, don Vito avrebbe iniziato a conquistarsi la fiducia dei giovani sempre alla stessa maniera: l’offerta di un alcolico per stordirli, i discorsi sull’omosessualità, il prete che inizia a girare in accappatoio e la richiesta di andarlo a vedere nella doccia. «Non so perché l’ho fatto», ha raccontato il minore alla polizia, «ma ho accettato di raggiungere don Vito nella doccia. Poi mi ha raccomandato di non raccontare nulla». «Non mi sono sentito costretto», ha detto ancora il ragazzo, «ma devo dire che non ero assolutamente lucido e non ho ben capito quello che stavo facendo. Dopo qualche mese», prosegue il minorenne, «decisi di confidarmi». Il ragazzo è assistito da un medico che, ascoltato dalla polizia, ha raccontato della difficile situazione in cui versa il giovane. «Mi disse che don Vito l’aveva manipolato», ha aggiunto un’altra voce di un’inchiesta in cui è ricorrente «il turbamento» dei giovani fino alla «conclusione», come dice a un tratto un altro, «che aveva tentato un approccio con noi». Perché in casa del prete, sempre secondo la ricostruzione del pm, sarebbero passati anche gli altri minorenni che hanno raccontato di quelle serate in cui le ragazze – come hanno riferito – non erano gradite.

«Bastardo da baciare». «Insieme a don Vito facevo parte del gruppo la “banda del bicchiere” e ognuno si era attribuito un nomignolo: don Vito si chiamava “bastardo da baciare”», ha raccontato un giovane mentre altri hanno ammesso l’inganno dietro quell’alcolico perché «era una trasgressione che certo i nostri genitori non ci avrebbero permesso». «Don Vito si è recato in bagno per fare la doccia lasciando la porta aperta in modo che potessi vederlo nudo», ha detto un altro giovane aggiungendo, come gli altri, «mi ha turbato al punto che mi sono allontanato». «Siamo rimasti entrambi scossi», dice un altro, «dall’atteggiamento che aveva avuto il nostro parroco al punto che ho iniziato a dubitare che la sua amicizia fosse disinteressata». Sono queste le voci di alcuni minori che hanno negato di aver subìto molestie dal parroco che, per il momento, si sta difendendo nel processo canonico.

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