Il tripudio dei sensi

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Nel primo entroterra abruzzese, ricche colline si adagiano a ponte tra l’azzurro dell’Adriatico e le aguzze cime dell’Appennino. Per chi come me ci è nato è una certezza che non smette mai di stupire nelle sue mille sfaccettature che fondono insieme la dolcezza della natura, la fierezza delle persone di quei luoghi e gli idilliaci sapori dei prodotti della terra.

E così in questo scenario è bello di tanto in tanto coniugare la goliardia degli amici e la buona cucina. Ma questa generosa terra sa impreziosire il tutto con un nettare inebriante … e così davanti alla carta dei vini c’è solo da perdersi. Quel giorno decisi di perdermi in un Montepulciano d’Abruzzo rosso Valentini 2001.

Il cameriere arrivò con la bottiglia in mano, iniziò ad estrarre il sughero e non appena questo fu rimosso un odore intenso e speziato pervase l’immediato intorno. L’odore divenne ancora più chiaro quando il vino cominciò ad essere versato nei bicchieri ad ampia pancia, lasciando anche la vista godere del suo spettacolo: una splendida tonalità rosso vivo e rubino tornava alla luce dopo essere stato sapientemente lavorata dal tempo. Il vino quasi aderiva sulle pareti del bicchiere, era consistente, corposo. Sembrava quasi che la pazienza e la fatica dei maestri delle cantine aprutine fossero state trasmesse a quel dono della terra che lentamente, quasi regalmente, rispondeva al movimento rotatorio impartito al bicchiere. A questo punto l’aroma fruttato era davvero coinvolgente e non rimaneva che degustare.

Tanti i sapori che si sono susseguiti: qualcosa di simile al cupo del cioccolato scuro, la decisione della frutta matura, la delicatezza delle erbe, il tutto delicatamente bilanciato da una elegante acidità finale. Il vino scendeva deciso ad una temperatura ambiente che nello stesso tempo riscaldava per l’intensità delle sensazioni.

E poi il conto: notevole sì ma non tanto quanto la soddisfazione che aveva toccato i nostri palati.