In sei mesi abbassate 1.458 saracinesche 

Report della Cgia di Mestre: saldo negativo di 458 unità in regione nel primo semestre. In 10 anni sparite 6.564 aziende

PESCARA. Sono 1.458 le aziende artigiane abruzzesi che nel primo semestre 2019 hanno abbassato, per sempre, la saracinesca. Un dato allarmante, se paragonato alle mille nuove iscrizioni registrate nello stesso periodo, e al saldo negativo di ben 458 unità che ne deriva. E le cose vanno ancora più male se si considera il decennio compreso tra il 2009 e il 2018, con la perdita di 6.220 attività, pari al 17,2% delle aziende artigiane abruzzesi. Un dato che supera di quasi sei punti la media nazionale, ferma all’11,3%.
LA CLASSIFICA DEL CROLLO. I dati sono contenuti in un’elaborazione curata dall’ufficio studi della Cgia di Mestre. Sebbene nel corso del secondo trimestre, avverte la Cgia di Mestre, si sia verificata una leggera ripresa, lo stato di salute dell’artigianato in Italia continua a lanciare segnali di allarme. Nei primi 6 mesi di quest’anno, infatti, «lo stock delle imprese artigiane è diminuito di 6.564 unità. Al 30 giugno scorso, il numero complessivo si è attestato a quota 1.299.549». A eccezione del Trentino Alto Adige, in tutte le altre regioni il saldo del primo semestre è stato negativo. I risultati più preoccupanti si sono registrati in Emilia Romagna (-761), in Sicilia (-700) e in Veneto (-629). In questo contesto l’Abruzzo, con le sue 458 unità che mancano all’appello, guadagna il sesto posto nella classifica del crollo. Nel decennio tra il 2009 e il 2018, a livello nazionale la morìa di aziende artigiane si è attestata a quasi 165.600 unità.
I PIÙ COLPITI. Secondo la Cgia di Mestre il settore artigiano più colpito dalla crisi è stato l’autotrasporto che negli ultimi 10 anni ha perso 22.847 imprese (-22,2%) a livello nazionale. Seguono le attività manifatturiere con una riduzione pari a 58.027 unità (- 16,3%) e l’edilizia che ha visto crollare il numero delle imprese di 94.330 unità (-16,2%9.
IN AUMENTO. Sono in forte aumento, invece, imprese di pulizia, giardinaggio e servizi alle imprese (+43,2%), attività cinematografiche e produzione software (+24,6%) e magazzinaggio e corrieri (+12,3%). LA NUOVA STANGATA. A parte la “volatilità” dei mercati causata dalla crisi politica e dall’incertezza che regna sovrana, una nuova “stangata” alle imprese artigiane (e non solo), potrebbe arrivare all’inizio del prossimo anno se non si riuscirà a «disinnescare l’aumento dell’Iva. L’innalzamento di 3 punti percentuali», avverte la Cgia, «sia dell’aliquota ordinaria, sia di quella ridotta, rischia di provocare degli effetti molto negativi sul fatturato di queste attività che vivono quasi esclusivamente dei consumi delle famiglie. E oltre agli effetti economici e occupazionali, la riduzione del numero delle attività artigiane e in generale dei negozi di vicinato ha provocato delle ricadute sociali altrettanto significative. Con meno botteghe, stiamo assistendo a una desertificazione dei centri storici e anche delle periferie urbane sia delle grandi città che dei piccoli paesi. Questa situazione ha abbassato notevolmente la qualità della vita di questi luoghi: c’è meno sicurezza, più degrado e più abbandono».