BUSSI

In un documento del ’72 la mappa dei veleni

Nel giorno della visita della commissione parslamentare d'inchiesta sui Rifiuti spuntano altre carte sulla discarica più grande d'Europa

BUSSI SUL TIRINO. Una mappa del 15 giugno 1972 con la discarica stretta tra il fiume Tirino, la stazione ferroviaria e la strada statale Tiburtina. E altri due documenti, sempre risalenti a 45 anni fa, in cui si parla di «rifiuti interrati». Ieri, a Bussi, il paese della discarica abusiva più grande d’Europa, è arrivata la commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta da . Alessandro Bratti del Pd, e il sindaco Salvatore Lagatta ha mostrato ai tutti quelle carte. Atti ufficiali ma finiti del dimenticatoio: documenti che tutti avrebbero dovuto conoscere da decenni e che invece nessuno sembra aver visto fino a ieri.

Documenti dimenticati. Lagatta quei documenti li conosce da 10 anni e ieri ha deciso di consegnarli a tutti, deputati e senatori, amministratori e cittadini di Bussi: un’operazione trasparenza per sottolineare che la mega discarica non è proprio un mistero. «Questa è la mappa della discarica Tre Monti perché non è vero che è una discarica abusiva», ha detto il sindaco di Rifondazione comunista in apertura della riunione convocata nella sala polifunzionale cittadina per presentare ai residenti le 69 pagine del dossier Bussi. «La discarica fu concordata dalla Montedison con Regione Abruzzo e Provincia di Pescara per un periodo limitato di tempo», ha detto Lagatta. Solo per 8 mesi, necessari a costruire un silos per i rifiuti, gli scarti delle lavorazioni sarebbero dovuti finire sotto terra. E invece la discarica Tre Monti è ancora lì, sotto il cavalcavia dell’autostrada A25, e la bonifica sembra lontana. «Dal 1972 quella discarica la conoscevano tutti», ha detto Lagatta, «ed è paradossale che, poi, a valle del sito, siano stati realizzati pozzi per l’acqua potabile da distribuire a 700 mila persone».

Presente incerto. Ma, a Bussi, un paese che ha sacrificato l’ambiente all’altare del polo chimico e che ha perso comunque oltre 1.500 posti di lavoro negli ultimi vent’anni, è il presente che fa paura: sono passati 10 anni dalla (ri)scoperta della discarica Tre Monti – l’area inquinata più grande che si aggiunge agli altri siti contaminati (2A, 2B e Bussi Officine) – e la bonifica non ha ancora una data certa. «Stateci vicini», questo l’appello di Lagatta ai parlamentari, a partire dal presidente della commissione Bratti. E proprio Bratti ha annunciato che la commissione continuerà a vigilare su Bussi: «È necessario sanare le ferite e ridare dignità a questo territorio», ha detto, «non vogliamo fermarci ma vogliamo andare avanti per controllare, verificare e accompagnare le istituzioni verso la bonifica e verso la reindustrializzazione. Che non sono due cose in contraddizione: devono andare di pari passo».

Ritardi inauditi. Che a Bussi non si possa perdere più tempo dopo i ritardi già collezionati l’ha detto il senatore Paolo Arrigoni (Lega Nord): «I livelli di inquinamento sono ancora elevati; la popolazione è ancora esposta al rischio ambientale; il fiume è ancora malato». La parola ricorrente è «ancora»: «Ora serve senso di responsabilità per salvare l’ambiente e per il rilancio del sito industriale», ha detto il senatore, «bisogna spingere i privati a bonificare le aree di propria competenza secondo il principio del chi inquina paga».

Impegni e promesse. A fare il punto della situazione sulla bonifica è stata Laura D’Aprile, dirigente del ministero dell’Ambiente: «Ci sono 45 milioni di euro assorbiti dalla gara d’appalto ancora in corso e bandita nel 2015 dall’allora commissario Adriano Goio». Entro il 31 gennaio, dovrebbero essere aperte le buste. In merito al ricorso del gruppo Toto, D’Aprile ha assicurato che non rallenterà l’iter: «Non inficerà lo svolgimento della gara. Intanto, dopo Edison e Solvay, abbiamo chiesto i piani di caratterizzazione anche ad altri 8 soggetti privati proprietari di aree: degli 8 diffidati, in 6 hanno già risposto mentre negli altri due casi stiamo predisponendo le ordinanze per danno ambientale. È il segno che con la forza i risultati si ottengono». La D’Aprile ha chiesto, poi, alla Regione di potenziare l’Arta in vista dei nuovi controlli da fare nei siti contaminati. E il presidente Pd Luciano D’Alfonso ha assicurato che lo farà: «L’Arta farà tutto quello che serve senza fare dispetti».

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