In via Rio Sparto cadono calcinacci sopra 24 famiglie

Case popolari, al civico 15 degrado e fogne al collasso Scoperto anche un deposito di bici rubate al pianterreno

PESCARA. Gli inquilini delle case popolari di via Rio Sparto camminano nel porticato con il naso all’insù, perché non c’è giorno in cui un pezzo d’intonaco non caschi giù dal cornicione di un balcone. Per rientrare a casa hanno preso l’abitudine di trattenere il respiro: due volte a settimana, con una puntualità da fare invidia a un orologio svizzero, le condotte fognarie finiscono per arrendersi all’acqua stagnante e i reflui vengono a galla tra l’imbarazzo generale. Gli assegnatari degli alloggi di San Donato hanno imparato a non fare domande: in uno degli stanzini al pian terreno c’è un deposito di biciclette ammucchiate una sull’altra, probabilmente rubate e in attesa di essere smontate, riverniciate e smistate nel mercato dell’illegalità. Sono 24 le famiglie che occupano gli appartamenti del palazzone in mattoncini rossi al civico 15 di via Rio Sparto. Impossibile conteggiare il numero effettivo dei residenti: una donna racconta di condividere una casa di 57 metri quadrati con otto persone.

«Il condominio è in rovina da sempre, è stato costruito più di sessant’anni fa e mai più rimesso a nuovo», racconta Rosario Berardinelli, un energico pensionato di 86 anni, «qui c’è gente che non paga l’affitto da decenni, ma invece di mandare via i morosi l’Ater penalizza la gente onesta, quelli che non hanno mai fatto un giorno di ritardo. La manutenzione non esiste e ci costringono a vivere nel degrado». È amareggiato e deluso da una gestione dell’edilizia residenziale pubblica ritenuta “approssimativa”. L’edificio di via Rio Sparto, con l’intonaco che si sgretola come cartapesta e i calcinacci che vengono giù dai balconi, non compare nemmeno nel maxi piano di investimenti da 8 milioni di euro varato nei giorni scorsi dal commissario Paolo Costanzi. L’azienda che gestisce le case popolari di Pescara e provincia non ha ritenuto opportuno programmare nessuna manutenzione della struttura. Come Rosario Berardinelli, trasudano rabbia anche le decine di residenti radunati accanto al portone aperto del palazzone di San Donato. Ognuno ha qualcosa da raccontare, un’infiltrazione da segnalare, i fili della corrente elettrica scoperti da mostrare e i topi e gli scarafaggi che scorazzano indisturbati nei sottoscala da indicare a dito. Gli assegnatari degli alloggi sussurrano di un debito di 46 mila euro accumulato dai morosi nei confronti dell’Ater e se la prendono con chi non esegue gli sfratti.

«Qui non funziona niente», aggiunge Berardinelli a nome dell’intero palazzo, «i citofoni sono fuori uso, il portone viene regolarmente spaccato e due volte a settimana pulisce i tombini uno dei residenti, Enrico Santuccione. Non è questo il modo di vivere in un paese civile».

Ylenia Gifuni

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