Indagini nate da un incidente dopo il colpo 

Le intercettazioni rivelano le preoccupazioni della banda per l’auto presa a noleggio con il satellitare

PESCARA. «Dai plurimi episodi di furto aggravato commessi in un ristretto arco temporale e con modalità similari, emerge che tutti gli indagati sono dediti in maniera professionale alla commissione di delitti contro il patrimonio, avendo messo in piedi una vera e propria organizzazione per la commissione nonché per le successive attività di conseguimento del profitto attraverso la materiale vendita della refurtiva e l'immediata ripartizione dei relativi proventi».
Il gip Antonella Di Carlo, in 85 pagine di misura cautelare, inchioda i protagonisti dell'operazione "Multipla": una banda specializzata in furti di rame (messi a segno alla ditta Edilcema di Popoli, Euredil di Tocco da Casauria, Prima di Popoli), ma non solo. Non disdegnavano neppure una visitina ad una discoteca fuori provincia (la Bliss dell'Aquila) per fare il pieno di bottiglie di alcolici (oltre 100 bottiglie di vodka e 60 di gin). Il nome dell'operazione nasce da un incidente stradale avvenuto proprio con una Multipla presa a noleggio (come tutte le auto utilizzate per i furti) dopo un colpo, che creò molti problemi alla banda.
Tante le intercettazioni telefoniche e ambientali dentro le auto a noleggio che i carabinieri hanno effettuato incamerando prove importanti e determinanti. Giuseppe D'Alfonso, uno dei personaggi più coinvolti insieme a Marco De Marchi e Guglielmo Covitti, per quell'incidente finisce in ospedale a Sulmona. E al telefono con la sua donna scherza anche sulla giustificazione data per quelle fratture. «A 55 anni mi sono rotto tutte le ossa che non mi sono mai rotto in vita mia, co na botta sola, mannaggia sant nient, a me e le ciliegie». E la donna, che non crede a quella versione lo incalza. «Si, si proprio le ciliegie a stat, na frec» - i discorsi sono tutti in dialetto stretto - «mo, quando vengo, se non mi racconti come a sta la storj, ti strozzo».
E lui risponde: «La versione ufficiale è le ciliegie» dice ridendo. «Vuoi sapere quella non ufficiale? Te la dirò...ciò pure il telefono sotto controllo, ciò gli stronzi che stanno in ascolto, gli sbirri. Vedi quanto sono stronzi questi carabinieri, se ne fanno pure addunare», cioè accorgere.
Ma i militari avevano pianificato ogni cosa in maniera impeccabile. Il telefono tradisce un po' tutti. «Sanno che io so lu tramite...sanno tutto quanto...sanno che Marco e Cudin (soprannome di D'Alfonso che porta il codino, ndr) hanno rubatt a quell». Al telefono è Covitti che ha il timore perché l'auto del furto aveva il satellitare e non sa se i carabinieri l'hanno chiesto per vedere tutto il tragitto fatto. In un'altra conversazione D'Alfonso e Covitti parlano di Giovanni Forlone: «Ma ti credi che quello dove abbiamo mandato il rame è così stupido che l'ha lasciato là dentro...»; «Si, ma ci stanno i tabulati», gli risponde Covitti. «Ma che tabulati, quello li ha fatti sparire lo stesso giorno, quello mica è stupido. L'ha messi in un altro magazzino, che ti credi che ha solo quel magazzino». Quanto a Forlone, il gip ha rigettato la richiesta di sequestro del magazzino avanzata dal pm Andrea Papalia, sostenendo che è vero che la refurtiva è stata monetizzata nel magazzino di Forlone, ma «difettano i requisiti della indispensabilità perché i proventi, se non fosse stato correo Forlone, gli indagati ben avrebbero potuto procurarseli altrove. Forlone almeno formalmente risulta titolare di una ditta di recupero di materiale ferroso, salvo poi a sindacarne in concreto i profili di eventuale illiceità o illegalità».