Io, il piccoletto che ha inventato Fuori Uso

Cesare Manzo, il gallerista che ha fatto scoprire l'arte contemporanea ai pescaresi

 PESCARA. Un artista americano, con felpa grigia col cappuccio, gironzola nella galleria di Cesare Manzo. «Il comunicato stampa è pronto», fa l'artista al gallerista. «Ma che stai a di'?», risponde Manzo guardando per aria, «mi devi da' l'opera» sbuffa all'americano che non ha capito nulla e che se ne torna a sedere di fronte al computer infilandosi il cappuccio. «Se serve, ai clienti che non capiscono un'opera e che continuano a farmi domande, parlo anche in abruzzese, così è più chiaro. Prima ero più intransigente ma adesso cerco di accontentare perfino i clienti che entrano in galleria e, sicuri, mi chiedono un quadro rosso che faccia pendant con la tappezzeria».  Scorre così, il tempo, nella galleria di Cesare Manzo, pescarese, 65 anni, il «piccoletto» - per sua definizione - che si è inventato la manifestazione d'arte contemporanea Fuori Uso e la cui galleria in via Umbria festeggia quest'anno il quarantaduesimo anno di attività. Papà edicolante, Manzo non voleva fare il gallerista.  «Scrivevo poesie e racconti. I concetti erano anche buoni, ma non sapevo scrivere e un giorno qualcuno ebbe il coraggio di farmelo notare. Prima aprii un'edicola in via L'Aquila e portavo personalmente i giornali nei paesi: un macellaio, in cambio del giornale, mi dava salsicce a prezzo scontato e un altro, in cambio del Manifesto, mi dava pezze di formaggio. Così la sera, con i miei amici, una cerchia di artisti, banchettavamo, e da cani sciolti di sinistra, discutevamo con entusiasmo, con grande confusione, la voglia di andare contro il potere: "Perché il figlio di un operaio non poteva andare all'università?"». Manzo che fa arrivare nella sua edicola le riviste d'arte, il giornalaio, come il bar a due passi, dove si radunano gli amici artisti di Manzo e la prima associazione che nasce: l'associazione culturale dimensione. «"La mostra che non ho mai fatto?" Quella con i soldi».  La galleria Manzo apre nel 1967 con il padrone di casa folgorato dall'arte povera e che negli anni Settanta si ritrova come segretario il fumettista Andrea Pazienza. «Aveva sedici anni e veniva qui a fare i compiti; si può immaginare come mi riduceva la scrivania. Ma il problema è che era una giraffa e ogni volta che mi abbracciava faceva cadere qualcosa». Anni in cui, Manzo, ospita le mostre di Alighiero Boetti, Sandro Chia, Mario Cucchi, Man Ray, Eliseo Mattiacci, Gian Marco Montesano, Andy Warhol, Gilberto Zorio e dell'amico Michelangelo Pistoletto: «Il mio artista preferito», dice, «perché continua a sperimentare e perché è una persona umile, allegra, è simpatico, è dolce, un amicone: questo è l'artista, quello che parla con te, che ti spiega il suo lavoro con semplicità». Ma, a un certo punto, all'inizio degli anni Novanta, Manzo inizia a battere la città in bicicletta e sguinzaglia la sua truppa, sempre in bici, alla ricerca di spazi abbandonati, ex fabbriche, scuole, mercati, alberghi.  «Avevo un pallino», ricorda Manzo, «in Italia non c'era un museo d'arte contemporanea. E mi dicevo: ma un museo deve essere per forza una struttura pulita, ordinata? No, ed ecco l'idea di ridare vita a edifici abbandonati a cui davamo una ristrutturatina giusto per non farci cadere le pietre addosso. La ricetta era grandi artisti internazionali uniti a talenti abruzzesi, il tutto innaffiato da un fiume di vino di ultima categoria».  La prima edizione di Fuori Uso risale al 1990 e la rassegna, ora nell'ex Aurum, nel'ex Gaslini, nell'ex colonia Stella Maris e nell'ex Cofa, inanella una volta 20 mila visitatori, un'altra 30 mila fino ai 50 mila del 1995, «l'edizione più importante per cui il Sole 24 ore titolò "Pescara batte Venezia 2 a 0». Maurizio Cattelan, Vanessa Beecrofot, Joseph Kosuth, Mimmo Paladino, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Richard Long: sono i nomi di alcuni artisti che hanno partecipato alle varie edizioni curate da Achille Bonito Oliva, Giacinto Di Pietrantonio, Mario Codognato e Nicolas Borriaud e sempre accompagnate dai preziosi collaboratori di Manzo, come Daniela Pietranico.  «Giovani e vecchi; arte ma anche musica, danza, teatro e cinema: la gente si sentiva male se non c'era Fuori Uso», dice Manzo, «anche perché il pubblico pescarese si entusiasma, è curioso». Fuori Uso manca dal 2006 e Manzo spera di poter riprendere la tradizione: «Se riprende Fuori Uso, e forse nei locali della Stella Maris, lo devo al perspicace interessamento della Provincia e dell'assessore alla Cultura Fabrizio Rapposelli. Ho già l'ok di alcuni artisti importanti e mi piacerebbe fare un'edizione sempre unita a musica e teatro. Come immagino il nuovo Fuori Uso? All'insegna dell'allegria».

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