L’Aquila riflessa nelle foto di Di Francesco

A Casa d’Annunzio di Pescara la mostra “Trecentonove” dedicata alle vittime del sisma

PESCARA. Ad un primo sguardo sembrerebbero quadri, in realtà si tratta di scatti fotografici. Dietro l’obiettivo la mano di Claudio Di Francesco, da 30 anni all’Aquila, che si è lasciato guidare dalla forza stessa delle immagini, quelle che per gioco o per caso vedeva riflesse in un pannello di plastica. Il luogo è L’Aquila, pieno centro storico, nella strada che da i Quattro Cantoni conduce a San Bernardino, lì in una porta Claudio si insinua, è lo stesso luogo dove gli operai al lavoro ripongono attrezzi, si fermano per la pausa pranzo. Lì Di Francesco, scopre un pannello di plastica che riflette, in ogni istante in modo diverso, i palazzi antistanti. Di Francesco non si lascia scappare quelle immagini, scatta migliaia di foto, ne sceglie 309 quante sono state le vittime del terremoto del 2009. «Non sono un fotografo di professione ma dal giorno del terremoto ho detto: voglio fare qualcosa per la città, voglio fermare e testimoniare le immagini in divenire». Sei mesi di lavoro e scatti in quel pertugio, dove Claudio suscitava gli interessi della “particolare” umanità che circola per lo più nel centro storico dell’Aquila: militari, digos, operai... tutti a chiedersi che faceva quell’uomo, e molti che chiedevano di vedere le foto, le stesse che, selezionate, Claudio propone a Lucia Arbace, Soprintendente per i Beni Artistici dell’Abruzzo. La Arbace accoglie con interesse le foto e la proposta di metterle in mostra. E così dal 15 giugno e fino al 16 luglio, la mostra “Trecentonove, L’Aquila Foto-grafica” (il trattino è voluto) di Di Francesco è allestita a Casa d’Annunzio, a Pescara. «Si tratta» commenta Lucia Arbace «di un reportage fotografico dall’alto valore evocativo quello condotto da Claudio Di Francesco, che ha fermato nei suoi scatti l’azione del tempo sulle architetture aquilane. L’estetica del paesaggio urbano è stata stravolta dalla messa in opera dei puntellamenti che Di Francesco ha documentato nel loro divenire con un ritmo incalzante, realizzando queste sue “fotografie pittoriche”». Per mesi l’artista ha fotografato lo stesso punto cogliendo in divenire le immagini del contesto urbano che man mano mutava, tra puntellamenti, imbragature e tubi di ferro. «Non voglio rappresentare tout court il visibile», conclude «ma cogliere l'invisibile reale che è dentro la propria soggettività scossa, terremotata e dentro le strutture del reale percepito».

Barbara Bologna

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