L’inchiesta si allarga a destra

Spuntano nuovi indagati: 40 gli iscritti. Del Turco: dove sono le prove?

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PESCARA. Dodici mesi dopo il 14 luglio che ha cambiato il destino politico della Regione, l’inchiesta su Sanitopoli si allarga verso il centrodestra e si avvia a essere chiusa, a settembre, con l’iscrizione nel registro degli indagati di 40 persone, cinque in più rispetto a un anno fa.

All’alba di quel lunedì, le accuse del re della sanità privata Vincenzo Angelini su un presunto giro di tangenti pagate in cambio di rimborsi d’oro per le sue cliniche portarono all’arresto di nove personaggi eccellenti: il presidente Ottaviano Del Turco, il segretario generale Lamberto Quarta, gli assessori Antonio Boschetti e Bernardo Mazzocca, l’ex assessore della giunta Pace Vito Domenici, l’ex presidente Fira Giancarlo Masciarelli, il segretario di Mazzocca Angelo Bucciarelli, il capogruppo del Pd Camillo Cesarone, l’ex direttore del Gruppo Villa Pini Gianluca Zelli e l’ex manager della Asl di Chieti Luigi Conga.

«Erano o non erano una “montagna di prove schiaccianti”? E ora, ditemi dove sono queste prove che hanno costruito un mostro» ha domandato ieri Del Turco. «Mi chiedo se in questo anno siano state trovate o no quelle prove che mi avrebbero inchiodato: non mi risulta». L’ex presidente della giunta regionale ha trascorso la giornata da solo, a Collelongo: «Ho chiesto a mia moglie di lasciarmi solo, l’ho mandata a Roma perché non volevo che mi vedesse esattamente all’alba di un anno dopo». Ma quello di ieri, ha sottolineato, non è stato un anniversario: «Ero un uomo libero anche nel carcere di Sulmona, perché innocente e lo sapevo. Ora però appaiono i profeti del giorno dopo, quelli che dicono che l’inchiesta prende altre strade politiche. Ogni anno in Abruzzo c’è una nuova puntata che colpisce la politica?».

Un anno dopo, del denaro che Angelini sostiene di aver pagato sia al centrodestra che al centrosinistra non c’è traccia: secondo la procura, i 15 milioni di euro sarebbero stati occultati in conti segreti attraverso una serie di passaggi estero su estero, messi sotto chiave in paradisi fiscali. Ma il «tesoro» di Sanitopoli, per i pm, non è la prova inappellabile, non è la «pistola fumante» di una inchiesta che, dopo avere decapitato la giunta di centrosinistra, rischia ora di travolgere esponenti del centrodestra, rivelando nuovi intrecci e nuove responsabilità. Silenziosamente, anche in queste ultime settimane, i magistrati hanno ascoltato nuovi testimoni, convocandoli spesso il sabato, giorno in cui la procura è deserta, proprio per evitare clamori.

«In questi mesi ci sono stati ulteriori spunti di indagine, l’inchiesta non ha dormito su qello che già c’era, si è allargata ed è andata avanti» ha detto il procuratore capo Nicola Trifuoggi, che ha guidato il pool di magistrati composto dai sostituti Giuseppe Bellelli e Giampiero Di Florio. «Proprio per la sua delicatezza, l’inchiesta deve essere chiusa al più presto, e per questo stiamo lavorando: io credo fine estate primi di settembre dovremmo averla portata a termine». Com’è ovvio, il procuratore non indica la strada imboccata dalle indagini, ma gli sviluppi riguarderebbero il ruolo di esponenti di centrodestra nello scandalo della Sanità, a partire dagli approfondimenti delle posizioni di due indagati eccellenti della prima ora - l’ex presidente della giunta regionale Giovanni Pace e il parlamentare del Pdl Sabatino Aracu. Il primo, indagato per una presunta una tangente da 100 mila euro, riuscì a evitare l’arresto, richiesto dai pm, perché il gip Maria Michela Di Fine decise altrimenti. «Se li avessi presi, sarei un cretino» disse Pace il giorno dopo gli arresti, durante l’interrogatorio.

Ma il nuovo filone sembra riguardare soprattutto l’ex coordinatore regionale di Forza Italia Aracu, che Angelini aveva già chiamato in causa agli esordi dell’indagine, quando raccontò della presunta richiesta di due milioni di euro. All’inizio di giugno, a sopresa, l’imprenditore è tornato a tirarlo in ballo, rivelando di aver pagato al parlamentare 500 mila euro: accuse che avrebbero trovato conferma nelle dichiarazioni della ex moglie di Aracu, bollate però dall’indagato solo come il frutto di «una tragedia familiare».