L’incubo della prescrizione per la Casa dello Studente

L’Aquila. A un anno dalla sentenza di primo grado il fascicolo sul crollo del terremoto ancora non arriva alla Corte d’Appello

L’AQUILA. Il processo per il crollo della Casa dello studente, dove morirono otto ragazzi, torna di attualità ancor prima di essere celebrato in appello. A denunciare l’impasse i familiari delle vittime che temono, di nuovo, il rischio della prescrizione. Alcuni tra i loro legali, infatti, ricordando che ai quattro imputati, già condannati in primo grado, è contestato un delitto colposo, asseriscono che la prescrizione sia di sette anni e mezzo. E se le cose stanno così, i timori non sono del tutto fuori luogo.

Del resto si tratta di un processo che poggia su un materiale probatorio considerevole. Per cui i tempi del processo d’appello, anche se l’istruttoria non verrà riaperta, non saranno comunque rapidi.

Ma le parti civili, informate dai loro avvocati, non digeriscono il fatto che le carte del processo ancora non sono state trasferite negli uffici della Corte d’Appello rendendo impossibile la fissazione del secondo grado. La causa di ciò è ravvisabile nella massa di lavoro immenso negli uffici del tribunale a fronte del personale inadeguato sotto il profilo numerico e sempre in diminuzione visto che chi va in pensione, per solito, non viene sostituito. In primo grado, il 16 febbraio 2013, il giudice Giuseppe Nicola Grieco pronunciò la sentenza di primo grado e condannò i tre responsabili dei lavori di restauro della struttura a quattro anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose mentre 2 anni e mezzo furono inflitti a un tecnico dell’Adsu. Sei imputati, su richiesta della stessa Procura della Repubblica, furono scagionati.

Questa vicenda giudiziaria ha anche un paio di procedimenti collaterali di natura civilistica davanti al tribunale.

Uno è stato intentato dai medesimi parenti delle vittime che hanno citato in giudizio la Regione e l’Adsu. Esiste poi un altro procedimento intentato soprattutto (ma non solo) dai superstiti del crollo, molti dei quali, pur usciti vivi da sotto le macerie, hanno riportato conseguenze permanenti sotto il profilo fisico e psicologico. Problematiche che, com’è scritto nei ricorsi dell’avvocato Wania Della Vigna, hanno fatto perdere ai superstiti una serie di occasioni, soprattutto di lavoro, che non si ripresenteranno più.

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