L'omicida di Vasto: «Per me la vita ormai non ha più senso»

Lo sfogo di Fabio Di Lello in carcere durante l’incontro con la sottosegretaria Chiavaroli. Che al Centro racconta: ho trovato un uomo provato

VASTO. Si è trovata davanti «un uomo provato». Chiuso nel silenzio, «taciturno». Lo ha incontrato nella solitudine del carcere di Vasto. Dove Fabio Di Lello, è piantonato a vista. «Per me la vita non ha più senso», confessa lasciandosi andare al pianto. Poche parole affidate alla sottosegretaria alla Giustizia, Federica Chiavaroli, che lunedì scorso si è trovata faccia a faccia con l’assassino del giovane Italo D’Elisa. Il ventiduenne che, il primo luglio 2016, aveva investito e ucciso Roberta Smargiassi, la moglie del detenuto più sorvegliato d’Abruzzo in un tragico incidente stradale. «Dalla sua cella sono stati tolti tutti gli oggetti pericolosi, qualsiasi cosa possa essere utilizzata per farsi del male - racconta la senatrice del Nuovo centrodestra -. Compresi i lacci delle scarpe». Un colloquio di appena una decina di minuti. «Sufficienti per capire che, dopo quel gesto, Di Lello non sta meglio ma peggio», racconta al Centro la sottosegretaria.

Senatrice, ha avuto l’impressione di trovarsi di fronte un uomo pentito per ciò che ha fatto?

«Questo non sono in grado di affermarlo. Di certo, posso dire di essermi trovata davanti un uomo molto provato».

Cosa gli ha detto?

«Sono profondamente credente e, quindi, credo nel perdono. Gli ho detto che la vita vale sempre la pena di essere vissuta, anche per chi si trova nella sua condizione».

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E lui cosa le ha risposto?

«Per me la vita non ha più senso. Nient’altro. Poi è scoppiato a piangere. Di certo non ho trovato una persona sollevata dopo quello che ha fatto».

Sta dicendo che comincia a prendere coscienza dell’accaduto?

«Sto dicendo che la considero la dimostrazione che, chi commette gesti come questo, dopo non sta meglio ma finisce per stare addirittura peggio. Se l’omicidio doveva essere un mezzo di liberazione, di certo Di Lello non sembra averne tratto alcun sollievo».

Come mai ha deciso di fargli visita?

«Ero andata in realtà per occuparmi di un’altra questione.Con l’occasione ho chiesto informazioni su Di Lello e di poterlo incontrare. Si tratta, del resto, di un caso che ha avuto grande eco mediatica a livello nazionale. E sul quale il ministro Andrea Orlando, che è intervenuto nei giorni scorsi, mi ha chiesto di monitorare la situazione».

Qual era lo scopo della sua visita?

«Sono andata a sincerarmi che nel carcere di Vasto venissero adottate tutte le precauzioni per assicurare la detenzione Di Lello. Un detenuto, come detto, particolare per la rilevanza del suo caso. E devo dire che mi sono trovata di fronte ad una struttura all’altezza della situazione, che si è messa a disposizione di un’intera comunità. Come del resto mi ha confermato anche il suo legale».

Una comunità sulla quale, negli ultimi giorni si sono accesi riflettori e polemiche...

«E’ un caso che ha scioccato un’intera città come tutti gli italiani che lo hanno seguito. Oltre ad aver distrutto la vita di tre famiglie».

E secondo lei quale insegnamento dovremmo trarne?

«Spesso ci soffermiamo sulle emergenze senza riuscire ad alzare lo sguardo sul problema generale che le ha generate. La comunità di Vasto è stata sconvolta da fatti innescati anche da un utilizzo assolutamente improprio e deprecabile dei Social, sui quali si sono riversati odio, rabbia e violenza. Quello che scriviamo sui Social, magari in un momento di rabbia, può avere delle gravi conseguenze. E mentre ciò accadeva, sono stati sottovalutati alcuni gravi segnali del comportamento di Di Lello».

A cosa si riferisce?

«Un giovane che si spoglia dei propri beni, trasferendoli ai genitori, è un fatto che considero contro natura e che va guardato con attenzione».

Poi c’è la questione degli istigatori del web che certo non hanno aiutato...

«La fiducia nella giustizia deve prevalere sul desiderio di farsi giustizia da sé. Vasto testimonia che la giustizia risponde in tempi giusti, celeri e celebra i processi. Andrebbe presa ad esempio».

E la polemica tra la Procura e l’Arcivescovo Forte che ha costretto anche il ministro ad intervenire?

«Un incidente chiuso con l’ulteriore intervento del vescovo ospitato oggi (ieri, ndr) dal Centro».