LA SCELTA

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Partì presto. Avrebbe dovuto sceglierlo per bene, stavolta, non come era successo in altre occasioni, quando tutta la giornata sarebbe poi stata segnata da quell’amara inconcludenza, da quegli indugi per una scelta che non si era rivelata propriamente felice. O, comunque, non come avrebbe voluto. Stavolta no, bisognava tornare ad essere efficaci, precisi, implacabili, come quando ad un attaccante di razza capita una occasione e lui la sfrutta, pulitamente, senza fronzoli. Calcolare il tempo, quindi, prepararsi con scrupolo, e poi avrebbe potuto fare con relativa tranquillità quello che andava fatto in quella giornata. Perché qualsiasi cosa dovesse essere fatta, sia che si trattasse del suo lavoro, o di incombenze di altra natura, quella scelta andava fatta bene. Del resto lui lo era già stato così, metodico ed essenziale, in giornate di un passato ormai lontano, quando niente avrebbe potuto intromettersi rispetto a quella scelta da fare, e il lavoro di pianificazione era stato inappuntabile, senza sbavature.

Partì presto, quindi, quella mattina, e non badò più di tanto -come ormai gli accadeva sempre più spesso- al vestito da indossare. Lo aspettavano nella scuola dove avrebbe svolto le funzioni di commissario esterno per gli esami di stato, quelli che una volta si chiamavano esami di maturità. Un compito impegnativo, importante, per quanto quello stanco rito di inizio estate fosse ormai screditato da una opinione pubblica sempre più insofferente verso la scuola e le sue dinamiche. Ma per i ragazzi -e lui lo sapeva perché ci viveva a contatto per tutto l’anno scolastico- gli esami erano pur sempre un momento da vivere con trepidazione, se non con tensione e vera e propria paura.

Ma non era esattamente questa -cioè la tensione relativa all’impegno che si apprestava ad intraprendere e che del resto svolgeva ormai regolarmente da molti anni- la cosa che lo inquietava, che lo attanagliava. Piuttosto, era la scelta… Quella scelta che per lui voleva dire poter vivere, o meno, un momento di vita autentico, assoluto, un placido, rassicurante sentirsi al posto giusto nel momento giusto, né prima, né dopo, esattamente con quella luce, con quegli sguardi, o quelle voci, irripetibili certo, e che altrettanto certamente mai sarebbero state replicate.

Così, partire presto voleva dire prepararsi mentalmente alla scelta, soppesare per bene le possibilità e le alternative che gli si sarebbero presentate, mentre l’autostrada scorreva tranquilla e senza traffico sotto le ruote della sua auto, per quel tragitto in fondo breve da compiere, nell’aria frizzante di un mattino di inizio estate. Poi, una volta uscito dall’autostrada, avrebbe dovuto percorrere una decina di chilometri, prima di essere a destinazione.

Eccolo, allora, il momento della scelta che si avvicinava. Quel momento che per lui diventava, ogni volta, una sorta di iniziazione, di contatto che si rinnovava con la vita. Eccolo, allora, che esce dall’autostrada, paga il pedaggio al casello, si immette sulla statale cominciando a disegnare con calma trepidante le curve. Ma adesso è il momento della scelta, lungo la strada si scartano delle possibilità che magari torneranno utili domani, quando bisognerà nuovamente scegliere. Ecco, adesso la decisione è presa, il luogo dove fermarsi è questo, c’è uno slargo dove parcheggiare, ci sono dei camion e qualche auto. Si può entrare con passo tranquillo, uno tra i tanti volti anonimi che transiterà di lì quel giorno. Si può prendere un caffè e poi tornare alle cose di sempre.

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