«La strage di Bologna è stata un’opera d’arte»

Intercettazioni telefoniche e Facebook, ecco il delirio del gruppo eversivo Il capo Manni: «Colpire banche, prefetture ed Equitalia, con la gente dentro»

L’AQUILA. La strage alla stazione di Bologna diventa «un’opera d’arte». I migranti li chiamano «mao mao di merda». E per la banda eversiva con base in Abruzzo «questo è il momento storicamente perfetto per carbonizzare Napolitano e la sua scorta. Da qui deve iniziare la liberazione d’Italia». Questo e altro emerge dalle 195 pagine di ordinanza di custodia cautelare piene zeppe di intercettazioni telefoniche e messaggi postati su Facebook, lo strumento con cui il gruppo fa «proselitismo e reclutamento», come annota il gip. Il nuovo «Ordine nuovo» prende di mira le massime cariche istituzionali dello Stato, gli stranieri, le forze dell’ordine, infine il «popolo bue» che «regge questo sistema da disintegrare» come affermava Franco Freda, ex terrorista neofascista, un mito per i «rivoluzionari» abruzzesi citato spesso nelle loro lunghe conversazioni telefoniche.

«OPERA D’ARTE». L’ascolano di Montesilvano Stefano Manni, in una conversazione telefonica intercettata, afferma che «...è brutto dirlo, ma credo sia il caso di riprendere la strada dell’Italicus (l’attentato terroristico della notte del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna, con 12 morti e 48 feriti, ndr)...ma su amplissima scala...Io purtroppo l’ho scritto...l’ho scritto più di una volta...ogni volta che l’ho scritto mi è costato un ban (il blocco nel gergo dei social network, ndr), io la vedo tanto lo sto dicendo io...non lo sta dicendo Nicola Trisciuoglio, è giunto il momento di colpire, ma non alla cieca, tipo la stazione di Bologna, tra l’altro non attribuibile a noi, quell’opera d’arte, vanno colpiti precisi obiettivi: banche, prefetture, questure, uffici di Equitalia, uffici delle Entrate, con i dipendenti dentro, è brutto dirlo Nico’ ma è arrivato il momento di farlo, ma farlo contestualmente non a Pescara e fra otto mesi a Milano, no, una mattina alle 8,20 contemporaneamente 500 persone premono 500 telecomandi».

CARCERI E ULTRÀ. Cercavano nuovi adepti e forze fresche da ingaggiare anche nelle carceri e nel mondo ultrà, che volevano coinvolgere nei loro disegni. Così alcuni tra i principali indagati parlavano di queste ipotesi operative. L’indagato Trisciuoglio conta le condivisioni su Facebook e aggiunge: «quel movimento (Uomo nuovo) ha 5300 adesioni, levane mille che fanno schifo, ma noi abbiamo sotto veramente persone che partecipano, se tu vedi i dibattiti che si fanno lì sopra, non sono poi tanto stupidi i contatti con i carceri di Catanzaro, di Rossano Calabro, di Palermo, di Messina, guarda sono tantissimi, è un peccato buttare una forza umana di questo tipo». Più avanti, l’altro arrestato La Valle, parlando con Manni, fa riferimento al mondo ultrà. «...perciò...perciò ti dico...siamo in un momento particolare, si è anche pensato di muovere il mondo ultras, un mondo difficilissimo però capito se si riesce e se si riuscirebbe a fare un tam-tam tra di loro, quelli fossero proprio la massa da portare giù, loro a coalizzarsi e riuscire a capire che non gli deve interessare più Juventus-Roma». Manni: «e non è facile». La Valle: «no, no, li riesci a muovere se gli dai un motivo». Manni: «E non sono affidabili». La Valle: «E non sono affidabili però ti servono soltanto per fare il casino davanti al...che ne so arrivano quelli tre milioni, vuoi mette tre milioni di loro in mezzo a loro metti 100 persone che sparano, là hai fatto un casino non è che dici cioè purtroppo come fai è che tuo zio tua madre tuo fratello li metti là con il banchetto con le bandiere vogliamo, cioè ti serve qualsiasi tipo di personaggio, senza fare discriminazioni, sei rosso dentro sei verde dentro...».

SALUTI ROMANI. L’ordinanza è un copiosissimo campionario di saluti romani, Ave, Nobis, forza, onore e stima, Heil Hitler, A noi, Presente! e strane strette di mano. Su uno dei profili analizzati si legge: «Fratello, credo che tutti sanno chi sei e se serve io posso garantire visto che ho avuto il piacere e l’onore di stringere l’avambraccio a te e Marina. A noi, fra’». Eppoi, camerati e traditori, concerti da tenersi «nel campo di concentramento di Buchenwald», fotografie di forni crematori («col vetro, così si vede dentro»), difesa della razza dagli invasori. Un frasario che si ripete a ogni contatto tra i principali protagonisti dell’indagine. L’arrestato Infantino afferma di voler «punire chi ha imbastardito la razza». Manni e Callegari parlano, invece, di voler passare «alle vie di fatto».

«UN NEGRO DI MENO». Maria Grazia Callegari in un altro passaggio di una conversazione col «capo» Manni afferma: «...è morto il negro chi se ne frega...non me ne frega un cazzo, è morto il bambino negro meglio...uno di meno».

I MARMOCCHI. In mezzo a tutto questo florilegio c’è pure un aspetto meno becero che attiene alla vita familiare di alcuni degli adepti del gruppo che quando devono incontrarsi per pianificare le loro strategie sovversive hanno un problema comune a molti. Cioè a chi affidare i propri figli. Mentre si organizza un incontro a Pescara per il 13 ottobre 2013, infatti, in una conversazione in chat si legge: «Ave, l’ho già detto a Stefano, sabato sono a Roma, mi fermo una settimana, riesci tu Monica a venire? Cercheremo di organizzarci con i rispettivi marmocchi e lasciarli a qualcuno. Ma senz’altro verremo». Chissà se rimboccando loro le coperte li avranno salutati col solito Heil Hitler.

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