La Zingariello: vi racconto chi è De Fanis

La segretaria dell’ex assessore agli arresti va in procura, poi confessa al Centro: eseguivo i suoi ordini, io non ho preso soldi

PESCARA. Per la seconda volta Lucia Zingariello, la segretaria dell’ex assessore regionale alla Cultura Luigi De Fanis, è tornata in procura per essere interrogata dal pm Giuseppe Bellelli. E’ stata la donna, 34 anni, di Guardiagrele, arrestata ai domiciliari come De Fanis ma da tempo all’obbligo di dimora, a chiedere di essere interrogata perché, come ha raccontato all’uscita dal tribunale: «Voglio uscire da questa storia, sono additata da tutti come “quella lì” e io non ha fatto nulla: non ho preso un centesimo e ignoro cosa sia successo». Accompagnata dal suo avvocato Umberto Del Re, Zingariello ha raccontato la sua versione dell’inchiesta per presunte tangenti nella cultura.

Zingariello, come ha conosciuto De Fanis?

«Siamo amici di famiglia da 10 anni. Io avevo un lavoro nella sanità a tempo indeterminato ma, in quel periodo, mi trovavo in una situazione particolare perché mia madre stava male. E’ stato De Fanis a propormi di fare la sua segretaria. Mi misi in aspettativa e accettai il lavoro perché avrei potuto gestire meglio i miei problemi perché dovevo lavorare per 3 giorni. De Fanis mi propose il lavoro anche se non ho mai partecipato alle sue campagne elettorali, anzi io ho la tessera del Pd. Quante falsità sono state dette su di me».

Quale crede sia stata la più grande?

«La telefonata dello champagne. Erano le 2 di notte, stavo dormendo con mia figlia di 7 anni. Mi chiama De Fanis e mi domanda: “Pago con la carta della Regione o con la mia?” Lo champagne, sempre grandioso De Fanis. E cosa avrei dovuto rispondergli? Fai come ti pare, gli dissi. Questa era l’unica risposta che si poteva dare. Figuriamoci se lo spingevo a fare qualcosa: io ero la segretaria».

E che vuol dire che era la segretaria?

«Se lui mi diceva chiama Tizio io lo facevo senza domandare, rientrava nei miei compiti. Io ignoro quello che faceva lui, se De Fanis ha fatto qualcosa io non c’entro: non ho mai preso soldi. I viaggi personali contestati con l’auto della Regione? L’assessore aveva un appuntamento istituzionale a Bologna ed è stato lui a dirmi di accettare un passaggio per fare la visita medica a Bologna. Non ci vedo niente di male, ho accettato un passaggio come sono andata in auto con De Fanis per altre 370 volte: io ero la segretaria e lui il capo».

L’inchiesta è nata dalla denuncia del musicista Mascitti che ha raccontato di aver ricevuto richieste di tangenti. Qual era il suo rapporto con Mascitti?

«Vuol sapere della telefonata del “cretino”? Ho chiamato “cretino” Mascitti perché era l’assessore a chiamarlo così. Mi è stato presentato quando è venuto in assessorato a proporre due spettacoli e poi l’ho incontrato a Torino dove ci siamo salutati. Non so nulla di richieste di soldi».

Perché ha chiesto di essere interrogata di nuovo?

«Perché voglio uscire da questa storia. Perché al primo interrogatorio piangevo, piangevo e sono voluta tornare per tirarmi fuori da questa storia, per non essere più additata come “quella lì”. Non ho dire nient’altro, non so nulla della gestione dei fondi della cultura e non ho preso soldi».

Lavorava in Regione o, come dice l’accusa, timbrava e andava dall’estetista?

«In Regione è una consuetudine timbrare e uscire per faccende personali. Quando sono entrata in Regione nell’ottobre 2012 in molti facevano così. Io partecipavo a missioni, a riunioni esterne. Una volta sola sono andata all’estetista. Anche i miei colleghi si comportavano così e non credevo di fare nulla di male».

Non era obbligata a uniformarsi.

«Mi era sembrato un atteggiamento normale, era quello che vedevo e il tutto avveniva mediante l’attestazione dell’assessore e del segretario generale».

Quindi è tutta colpa dell’assessore?

«No, assolutamente. Dico che lui era il capo e io la segretaria, lui l’assessore che aveva il controllo e che prendeva la decisioni e io non potevo obiettare. Comunque avevo deciso di andare via ai primi di dicembre, prima della scadenza del mio contratto».

Perché voleva andare via?

«Il rapporto con De Fanis era altalenante perché a volte era premuroso e altre no. Mi sentivo ingabbiata, era come non avere una via d’uscita».

Ma non lo conosceva da anni?

«Sì ma avevo tutta un’altra idea di lui».

Riesce ad andare in giro a Guardiagrele?

«Non vado in giro, Guardiagrele è un paese e non potrei uscire di casa. Ricevo telefonate anonime, gente che mi vuole incontrare, che mi insulta. L’impatto dell’arresto sulla mia vita è stato devastante perché ho una bambina piccola».

Che direbbe a De Fanis?

«Una battuta: “Adesso davvero non ti dimenticherò mai”».

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