Lancianesi in tutto il mondo uniti da "Lu ciuffile di Nzine"

Un documentario racconta del fischio che fa riabbracciare emigranti e soldati

di Daria De Laurentiis

LANCIANO

Se un lancianese, in America come in Australia, a Toronto o a Berlino, Genova o Canicattì intona fischiando le prime note di un’aria (non la più famosa) della “Carmen” di Bizet, può star sicuro che, se c'è un concittadino nei dintorni, quest'ultimo gli risponderà con “fischio sicuro” concludendo il motivetto. La storia de "Lu ciuffile di Nzine" è, prima ancora che una bella storia che ha sconfinato attraversando Paesi, guerre e chilometri, un marchio distintivo.

Il motivetto accennato viene immediatamente riconosciuto solo dai lancianesi. E solo loro è la "sfrontatezza" e la fortuna di ritrovarsi a fischiare in giro per il mondo in attesa che un concittadino risponda. E più frequentemente di quanto si possa pensare, accade che i due (o tre e più) finiscano abbracciati a raccontarsi di chi si è figli e da quale quartiere si proviene. È fischiando " lu ciuffile di Nzine" che si sono ritrovati gli sfollati o i soldati sparsi in mezza Europa e in Africa durante la Seconda guerra mondiale. Ed è sempre così che, sotto le macerie del terremoto del Friuli del '76, è stato salvato un uomo, dopo un giorno e una notte e diverse ore di fischi a intervalli regolari. E a New York come a Buenos Aires è così che si sono abbracciati gli emigranti frentani. La storia di Vincenzo Coli, per tutti 'Nzine, sarebbe stata perfetta per un romanzo di Buzzati, Verga, o, nei giorni nostri, Camilleri e Vitali. Nzine, vissuto fino alla metà degli anni '40 del secolo scorso, è proprio un personaggio da favola. Tarchiato, bruttino, goffo, con una camminata tutta sua. Gentile con le ragazze, soprattutto se carine, quieto e sorridente, ma allo stesso tempo anche collerico, soprattutto se qualcuno gli fischiava quel famoso e tragico motivetto che gli ha marchiato tutta una vita. Nzine era un tuttofare, ora musicista, ora venditore di giornali, era sempre in giro per i vicoli di quella che è oggi la vecchia Lanciano. Aveva praticato il mestiere di orologiaio, ma gli piaceva soprattutto la musica.

E fu così che gli capitò la grande occasione: fare la comparsa in un allestimeno della “Carmen”. Doveva apparire sul palcoscenico vestito da ragazzo, proprio quando veniva eseguita la frase "Onore al toreaor", la cui aria musicale divenne poi il celebre fischio. Come fu e come non fu, quella comparsata sul palcoscenico cittadino scatenò lo sfottò di tutto il teatro. E il povero Nzine fu perseguitato per tutta la vita da quel motivetto, che riusciva a mandarlo talmente in bestia da fargli tirare calci e sassi a chiunque si trovasse a tiro.

A raccontare quella storia sono oggi tre ragazzi trentenni che presentano questa sera alle 18.30, nella sede dell’Agenzia per la Promozione culturale della Regione Abruzzo a Lanciano (Palazzo De Crecchio, via dei Frentani 30), il documentario “Il Fischio ritrovato”, scritto da Giulio Ferrante, Stefano D’Angelo e Francesco Mammarella e diretto da Stefano D’Angelo. «Tutto è nato parlandone tra noi », racconta D'Angelo. «Abbiamo avvertito l'esigenza che questa storia, così cara e così distintiva per i lancianesi, venisse tramandata anche alle nuove generazioni di adolescenti che poco o nulla sanno di ’Nzine e del suo fischio». I ragazzi si sono documentati attraverso il libro "Una città per un fischio", edito dall'Associazione culturale Fedele Fenaroli nel 1985, quando era presidente il cavaliere Ennio Stella, e il gruppo musicale Lu Cantastorie, che sul fischio ha addirittura scritto una canzone, e soprattutto attraverso racconti e testimonianze di chi ha vissuto da vicino questa meravigliosa pagina di storia locale.

. ©RIPRODUZIONE RISERVATA