Lo studioso francese sottolinea il grido di rivolta dei perseguitati in troppi Paesi del mondo

Le nuove persecuzioni contro i cristiani

A Chieti l’incontro tra il filosofo cattolico Guitton e l’arcivescovo Forte

Traghettatore instancabile tra Oriente e Occidente, lo scrittore francese René Guitton con il suo ultimo libro «Ces chrétiens qu’on assasine» (Questi cristiani che vengono uccisi), presentato venerdì sera in anteprima a Chieti, nell’auditorium del rettorato dell’università D’Annunzio, durante le Quaestiones quodlibetales 2009/2010, si è addentrato nelle spinosa vicenda delle persecuzioni nei confronti dei cristiani (si veda anche la tabella a lato).

Con lo studioso c’erano il rettore della D’Annunzio, Franco Cuccurullo, e l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte. Il saggio di Guitton è stato definito dalla critica internazionale il «Libro nero della cristianofobia» (per Le Figarò «un libro che farà storia»), ed è un grido di rivolta. Partendo dalle crescenti persecuzioni che in Oriente spingono i cristiani a fuggire dai Paesi in cui il cristianesimo si è formato, per poi disperdersi nel mondo privati di un’identità umana e civile, arriva al Maghreb, nell’Africa sub sahariana, e in generale in tutti quei luoghi in cui i cristiani sono costretti al silenzio, assassinati senza una tomba che li ricordi, per restare sempre nella memoria dei propri cari. Le chiese e le abitazioni vengono saccheggiate, mentre i cimiteri profanati quotidianamente.

Una situazione con cui devono fare i conti anche giudei e musulmani, perché la sofferenza non ha più confini, capace di bussare alla porta di qualunque popolo. In questo l’11 settembre 2001, come Guitton evidenzia nel libro, ha rappresentato il momento di rottura, o meglio da cui tutto si è innescato. «Le discriminazioni non sono che la conseguenza del silenzio», ha spiegato lo scrittore francese, «Nel mio Paese il problema non viene trattato molto e ciò non fa che aggravare la situazione internazionale. E’ come un tedesco che non vuol parlare degli ebrei. Il silenzio è il senso di colpa mentre qui si parla, altrove si uccide. Ad esempio in Nigeria nel dicembre del 2008 c’è stata la carneficina di oltre trecento cristiani da parte di musulmani, con persone bruciate vive nelle chiese, ma in Francia la stampa vi ha dedicato solo alcune righe. Questa è la verità. Ma se la Francia è cieca, in Italia la situazione è certo migliore».

Guitton, componente della rete di esperti delle Nazioni Unite per l’alleanza delle civiltà, nel suo Paese è uno degli uomini di cultura più in vista. Cresciuto in Marocco, ma a lungo in giro per il mondo, in particolare in Medio Oriente, ha un grande obiettivo: annullare quel silenzio occidentale nei confronti della cristianofobia.

«René Guitton non è uno di quei parigini comodamente adagiati sulla propria poltrona che raccolgono informazioni su siti Internet e interpellando le principali fonti mediatiche», ha sottolineato l’arcivescovo Bruno Forte, da anni suo attento lettore, «è un militante del dialogo internazionale-religioso, oltre che grande viaggiatore e conoscitore delle aree in questione. Ma il suo scopo è diffondere la fratellanza, portare la luce sul martirio del cristiani, perché la persecuzione risiede nell’ignoranza».

Nel settembre scorso è stato pubblicato il suo primo libro in italiano dal titolo «Il principe di Dio» (Led edizioni universitarie), in cui Guitton prova a tracciare la via di un possibile dialogo interreligioso tra le tre grandi religioni monoteistiche a partire dalla figura del patriarca Abramo. «Ces chrétiens qu’on assasine» è, invece, la sua ultima opera, ancora inedita in Italia, pubblicata in Francia dalla prestigiosa Flammarion.

«Non mi sento un cattolico che predica solo per la sua parrocchia, né sono un avvocato solo dei cristiani», ha proseguito Guitton, «Mi interessano l’essere umano e la sua dignità. Le persecuzioni di cui parlo nel libro non vengono commesse dagli Stati, ma da gruppi minoritari con cui i governi locali sono, per forza di cose, costretti a trattare. Quindi non c’è nessun complotto cristiano per cristianizzare l’Oriente, né uno islamico per islamizzare l’Occidente. L’altra questione, poi, è che le persecuzioni anticristiane non rientrano nell’ambito della denuncia degli attentati contro i diritti dell’uomo».

Nel suo libro Guitton individua in India, in particolare nello Stato dell’Orissa, l’area in cui oggi si verifica il maggior numero di massacri delle popolazioni cristiane. Ma anche in Sudan ci sono stragi di massa, motivate in chiave politica perché gli arabi del Nord perseguitano i neri del Sud, i quali prevalentemente aderiscono al cristianesimo. «Anche in Israele ci sono diverse azioni anticristiane, ma non sfociano in assassini, mentre nel vicino Egitto la situazione è completamente rovesciata», continua lo scrittore francese, «Del tutto paradossale è il caso dell’Iraq, in cui sotto il regime di Saddam Hussein non si verificarono persecuzioni, mentre oggi, come in Egitto, i cristiani sono costretti a fuggire altrove. Al contrario, Paesi “modello” sono la Siria, la Giordania o alcuni Stati del Golfo come il Quatar, dove è stata recentemente costruita una chiesa cattolica».
Insomma, quella descritta in «Ces chrétiens qu’on assasine» è una tempesta di ferro e di fuoco, perché «il deserto vero è nel cuore della gente».